Così sono nate le strade del nostro quartiere, vi svelo i segreti nascosti di Prati
Vorrei iniziare questo blog cercando di inquadrare l’oggetto delle nostre chiacchierate, ovvero le vicende edilizie del quartiere. Essendo cresciuto e avendo lavorato tutta la vita in queste zone, e avendo maturato nella carriera di architetto un forte interesse per le opere dei colleghi dell’Ottocento e del Novecento, ho raccolto parecchio materiale sulle emergenze edilizie di questa zona di Roma.
Spesso le persone non addette ai lavori colgono in maniera superficiale le qualità dell’ambiente in cui vivono, percependo sì sensazioni positive o negative dall’intorno costruito, ma alzando raramente gli occhi dal marciapiede per cogliere dettagli o emergenze particolari del paesaggio urbano che li circonda. Il compito che mi prefiggo è proprio quello di farvi “alzare gli occhi” raccontandovi di volta in volta, avvenimenti, aneddoti, storie, e, perché no, anche pettegolezzi relativi a palazzi, giardini, complessi edilizi che avete sotto gli occhi tutti i giorni.
Come penso molti di voi sapranno, la parte di Roma chiamata genericamente “Prati” consta di due zone distinte, con diverse caratteristiche edilizie ed edificate in epoche differenti: quella dell’espansione ottocentesca post unitaria, ovvero l’area in antico denominata “Prati di Castello” e attualmente conosciuta come “Rione XIV Prati”, e il quartiere “Delle Vittorie” realizzato per buona parte nel periodo tra le due guerre mondiali e nei decenni seguenti. In realtà, le zone sarebbero tre, considerando anche il rione di Borgo, interno alle mura vaticane, che fa parte del tessuto storico della vecchia Roma.
Dopo la presa di Roma da parte dei piemontesi nel 1870, cominciò, frenetica, l‘attività edilizia per il forte aumento demografico seguito all’arrivo dei funzionari statali e di tutti i lavoratori legati al nuovo ruolo di capitale del Regno d’Italia assunto dalla città.
Nel 1873 fu varato un primo piano regolatore, mai attuato, e dieci anni dopo un altro che in pratica sancì i primi quartieri di espansione, molto approssimativamente: l’Esquilino (piazza Vittorio) a sud-est del centro storico (destinato alla piccola e media borghesia impiegatizia); il Ludovisi-Pinciano a nord-est, espansi in seguito nei quartieri Nomentano e Parioli fuori dalle mura aureliane fino al viale della Regina, con case di maggior pregio, e infine la zona conosciuta come i “Prati di Castello” (da Castel Sant’Angelo), sempre dedicata alla borghesia impiegatizia, che si estende sui terreni agricoli a nord-est, da Castel sant’Angelo (da cui il nome) e dalle mura vaticane fino a quello che sarà il viale delle Milizie. Detto viale costituì per 30 anni, con la sua fila di caserme poste in quella posizione in funzione difensiva, il confine della città costruita; oltre le caserme, fu localizzata la “piazza d’Armi”, ovvero gli spazi aperti dove si svolgevano le esercitazioni militari (per molti anni, nel primo dopoguerra, questo nome indicò il quartiere “Delle Vittorie” e la stessa piazza Mazzini, sorti in quell’area). L’espansione riguardava anche le zone per residenze operaie di San Lorenzo e di Testaccio.
Alcuni proprietari dei terreni di Prati si rivolsero al famoso architetto Antonio Cipolla (1822 – 1874, autore di tanti palazzi romani di quell’epoca tra cui le scuderie del Quirinale), per redigere un primo piano di lottizzazione dell’area che fu presentato al Comune. Il Cipolla purtroppo, morto nel 1874, non vedrà il quartiere ultimato. Lo schema urbano di strade, modificato negli anni seguenti, tutte parallele e più o meno ortogonali, di stampo “torinese”, è caratterizzato da una piazza (piazza Risorgimento), costruita a ridosso delle mura vaticane, situata all’intersezione tra il vecchio viale Angelico (così chiamato per la porta Angelica sulle mura, oggi demolita, da cui si dipartiva) e via Cola di Rienzo, spina portante commerciale del quartiere, realizzata perfettamente in asse con la terrazza del Pincio, l’obelisco di piazza del Popolo e il ponte Regina Margherita. Consiglio a chi non l’ha mai notata, di apprezzare la vista del quartiere dalla suddetta terrazza, notando la perfetta assialità di cui dicevo.
Si dice che questo schema tenesse conto del fatto di non vedere mai, in nessuna prospettiva, la cupola di San Pietro, visti i cattivi rapporti, all’epoca, tra stato italiano e Vaticano, contrariamente alle strade disegnate dopo il 1929, anno del Concordato, molte delle quali, come via Monte Santo hanno la cupola sullo sfondo.
L’edificazione proseguì nei decenni successivi con alterne vicende, fino ai primi anni del secolo scorso. Vediamo nella pianta pubblicata, redatta dall’Istituto cartografico Italiano nel 1891, la situazione in quella data, con la viabilità stradale già esistente e i lotti parzialmente edificati. Si può notare anche il Palazzo di giustizia in costruzione e piazza Cavour, che determinano un altro polo primario del quartiere, col ponte Umberto I in linea con il palazzo, che determinerà un altro asse fondamentale del tessuto edilizio: la direttrice perpendicolare al viale delle Milizie, che diventerà in seguito la spina portante del quartiere Delle Vittorie, determinando le piazze Mazzini e Bainsizza (via Cicerone, via Marcantonio Colonna, via Lepanto, via Giuseppe Ferrari, via Oslavia). Ma questa storia la continueremo un’altra volta.