Tiburtino | La Storia

20 aprile 1964: gli operai in agitazione occupano la fabbrica di penicillina Leo

Al decimo chilometro della via Tiburtina, c’è un gigantesco complesso industriale in rovina. È l’ex fabbrica di penicillina Leo. Un tempo orgoglio tutto italiano, oggi rudere dismesso divenuto rifugio di senzatetto e sbandati. Un ghetto ai margini della città, nella periferia di San Basilio.

E dire che la sua storia era cominciata con una grande inaugurazione, tenutasi il 12 settembre del 1950, alla presenza di sir Alexander Fleming, premio nobel per la Medicina, che aveva speso parole di grande ammirazione per la struttura.

Nel 1959, alla guida dell’azienda subentra il giovane Giovanni Auletta Armenise, nipote del fondatore, fresco di laurea in scienze economiche. È lui a decidere una serie di audaci investimenti che, purtroppo, si rivelano infruttuosi. Tra gli altri, quello per la costruzione di un’amideria, necessaria per produrre il corn steep liquor, il residuo dell’estrazione dell’amido di frumento (o del mais), utilizzato come brodo di cultura per la muffa da cui si ricava la penicillina.

Progressivamente, le tecnologie impiegate divengono obsolete, mentre i costi di produzione salgono sempre di più, diventando insostenibili. Ad aggravare la situazione è la presenza di una concorrenza sempre più forte a causa della totale liberalizzazione del mercato. La penicillina non è più l’unico antibiotico in circolazione.

Dopo poco più di un decennio di vita, dunque, il grande impianto produttivo entra in crisi. Così, nella primavera del 1964, proprio nel pieno del miracolo economico italiano, i vertici aziendali decidono di licenziare circa 345 dipendenti. La reazione è immediata e compatta. Il 20 aprile 1964, alle 18.00, le maestranze chiudono i cancelli della fabbrica, dando vita a una grande occupazione, che anticipa un’intensa stagione di lotte. Sono circa quattrocento, tra operai e impiegati. E non hanno alcuna intenzione di uscire finché non verrà loro garantito che potranno continuare a lavorare.

I cicli di produzione dell’antibiotico non possono essere interrotti di colpo. Così, vengono portati a termine. In questo modo, si evita di incorrere in un’accusa di boicottaggio industriale. La lotta andrà avanti per oltre un mese, con trattative serrate e momenti di rottura. Finché i lavoratori non riusciranno a strappare una serie di concessioni. Innanzitutto, il reintegro dei loro compagni e poi delle agevolazioni per le dimissioni volontarie.

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