San Lorenzo | La Storia

13 marzo 1944, l’ultima notte del ferroviere eroe Michele Bolgia

La sera del 13 marzo 1944 sarà l’ultima in cui Michele Bolgia cenerà, nella loro casa in San Lorenzo, con la sua famiglia. O meglio, con i suoi figli. Perché la moglie Maria Cristina è morta nel terribile bombardamento del 19 luglio 1943, quando il quartiere fu raso al suolo.
Dopo cena Michele Bolgia esce per andare al lavoro. È ferroviere. Dal binario 1 della Stazione Tiburtina ha visto partire verso Auschwitz i convogli pieni di ebrei romani rastrellati dai nazisti. E quelle grida di disperazione, quelle urla di uomini, donne, bambini, consapevoli di essere spediti verso la morte, lo hanno profondamente toccato.
Il dolore per la morte della moglie lo ha reso ancora più sensibile alle tragedie umane in quegli anni terribili. Così, sempre più spesso, Michele Bolgia, si porta vicino ai convogli e spiomba le porte dei treni che vanno verso i campi di concentramento. Le apre, in modo che chiunque fosse imprigionato lì dentro possa fuggire.

Non si sa se anche quella notte tra il 13 e il 14 marzo 1944 Michele abbia salvato altri romani. Certo è che l’indomani mattina viene arrestato sul tram 8 mentre torna a casa. Lo portano a Piazza Tasso, lo interrogano per carpirgli informazioni sulle organizzazioni clandestine di resistenza ai nazi-fascisti che operavano a San Lorenzo. Dieci giorni dopo Michele Bolgia viene trascinato alle Fosse Ardeatine. Il figlio Giuseppe ne riconoscerà il cadavere sfigurato. In tasca Michele aveva l’orologio marca Roskoff da cui non si separava mai.

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