2 Novembre 2020 - 9:06 . Prati . Personaggi

Gravina: “Vi spiego perché dal lockdown il Teatro Prati è rimasto chiuso”

Dici teatro a Prati e dici Fabio Gravina. È lui il re incontrastato del Teatro Prati, che gestisce ormai da anni. Ma dal lockdown di marzo i battenti sono rimasti chiusi, nonostante la possibilità di riaprire, anche se con molte precauzioni e posti limitati.

La recente decisione è sbagliata, hanno avuto almeno sei mesi di tempo per gestire la questione nella maniera più opportuna – ammette Gravina -. Tutti si erano attrezzati per garantire la massima sicurezza, spendendo soldi. Però devo essere sincero: non ho riaperto già dopo il lockdown e c’è un motivo. Di fronte a un evento così grande, non è possibile che tutto si risolva in pochi mesi”. E purtroppo la riapertura non sarà neanche a breve: “Io speravo di riprendere a gennaio o febbraio, ma di sicuro dovrò rivedere i piani e credo che solo a giugno del 2021 potremo tornare a riaprire veramente con gli spettacoli“.

Per Gravina comunque la decisione presa dal governo è giusta: “Chiudere teatri e cinema è una cosa scontata. Dicono che in realtà i contagi nelle sale non ci sono stati, ma è tutto da dimostrare. Ci chiedono poi di non assembrarci, ma a teatro il rischio c’è. Rispettando le norme dicono che sia tutto garantito, ma non so quanto possa esserlo. In realtà i teatri hanno riaperto, ma le medie sono di quasi 130 persone. Questo vuol dire che sono pochissimi quelli che sono tornati in sala. E a volte è anche meglio non riaprire, perché con questi incassi non si riescono a pagare neanche le spese”.

Fabio Gravina, “re” del Teatro Prati

Ma ammette: “C’era da fare una cosa: cercare di dare dei contributi e lasciare cinema e teatri chiusi. Ci rimettiamo tutti, gestori e compagnie, e a questi vanno dati dei contributi per superare questo periodo molto difficile“. Certo è che tornare a fare teatro manca: “Il nostro è un lavoro che portiamo avanti con passione – ricorda Gravina -. Mi manca il palcoscenico, come a tutti gli attori, ma non siamo degli esibizionisti. Se ci sono le garanzie per portare avanti dei progetti, si fa, altrimenti dobbiamo fermarci. Ci si dovrà riorganizzare in un altro modo. Vedo tanti colleghi che hanno troppa frenesia del tornare sul palco. Ripartire così, tanto per tornare, con pubblico quasi ridotto a zero, che senso ha? Il teatro non può essere condizionato dal virus, dall’indossare delle mascherine. Non è mai stato questo il teatro. Se ci sono le condizioni per fare teatro, è giusto farlo, altrimenti si deve rimanere fermi e inventarci altro”.

E vede di buon occhio la decisione del governo di aiutare il mondo dello spettacolo: “Apprezzo il fatto che il ministro abbia aperto anche ai piccoli teatri inferiori a 300 posti la possibilità di avere le sovvenzioni statali, e non come inizialmente detto solo ai grandi teatri. Anche perché la cultura non si fa a metro”.

Ma lancia anche un appello: “Spero davvero che la tv possa aiutarci in questo senso. La Rai dovrebbe tornare a dare spazio alle rappresentazioni teatrali, veramente. Anche in prima serata e non solo in tarda notte. Si pagherebbero di diritti d’autore per lo spettacolo e quelli d’immagine agli attori. Ma non ai soliti volti noti, ma anche tante realtà in giro per l’Italia che fanno teatro di qualità. Io ho almeno 20 anni di lavori teatrali ripresi professionalmente, così come tanti altri. Questo aiuterebbe davvero il nostro settore”.

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