Prati | Eugenio Rubei
Rubei: “L’Alexanderplatz a Bruxelles, vi racconto l’emozione dell’apertura”
di Daniele Petroselli
“Un’emozione forte”. È un Eugenio Rubei davvero commosso quello che descrive l’apertura dell’Alexanderplatz a Bruxelles, avvenuta nel weekend del 25 e 26 settembre. Il proprietario del celebre locale di via Ostia, aperto dal papà Giampiero nel 1982 ha coronato il suo sogno: esportare il modello dell’Alexanderplatz in Europa. Ma non il marchio: la sua filosofia. Che è qualcosa di più importante. “Non credevo che tutto quanto di buono fatto in questi anni a Roma con l’Alexanderplatz potesse portare a un successo simile – racconta. – Sapevo che avevamo fatto tanto, ma poi toccarlo con mano è differente”.
Due serate d’apertura al “Se m’ami” a rue de Namur, nel centro di Bruxelles, entrambe sold out: “Il Covid-19 qui ha colpito duro, come da noi in Italia. L’attenzione è massima, ma con tutte le precauzioni, si è tornati a vivere la cultura, anche del jazz. E non mi aspettavo il pienone, con 300 persone per le due serate inaugurali. Sono venuti almeno trenta musicisti, come Magic Malik, Nicola Andrioli, Lorenzo Feliciati. È stato davvero qualcosa d’incredibile. Un qualcosa che mi da tanta forza per il futuro”.
E confessa: “Ho capito dell’importanza dell’Alexanderplatz quando la radio nazionale belga mi ha intervistato – dice Rubei, protagonista del volume di Typimedia “Prati in 100 personaggi (+1)” -. Sapevano tutto, nei minimi particolari, la storia del locale, di mio padre, di quanto è stato importante per lanciare il jazz italiano in ambito europeo e mondiale. Ho trovato un livello di musicisti davvero alto. L’attenzione per il jazz in Belgio è eccezionale. Solo a Bruxelles ci sono tre conservatori, inoltre tanti artisti italiani si sono stabiliti lì”.
Un esordio col botto in terra belga, che per ora sarà in maniera soft: “Faremo due appuntamenti al mese, aspettando di andare a pieno regime a gennaio”. E un pensiero va a papà Giampiero: “Ha fatto crescere il jazz italiano, ha creato per primo nel 2003 un marchio per esportarlo nel mondo, dalla Cina all’Azerbaigian, fino a New York. La mia operazione è più a misura d’uomo. Io sono cresciuto nel locale, ho la cultura dell’associazionismo e la mia operazione è stata quella di portare l’idea di Alexanderplatz fuori dai confini italiani. Non voglio, come fanno certi imprenditori, di esportare un marchio. Noi portiamo lo spirito dell’Alexanderplatz. Non abbiamo portato i nostri musicisti lì, ma vogliamo lavorare con chi c’è sul territorio e creare connessioni tra il jazz italiano ed europeo. Siamo per la libertà, non per le bandierine. E il mantenere il nome originale del locale fa intendere proprio questo”.
Ma Eugenio Rubei guarda subito al futuro, perché l’Alexanderplatz non si vuole fermare qui: “Vogliamo fare uno step superiore. Ho creato dei contatti importanti e il mio obiettivo finale è un locale di cinque piani sempre a Bruxelles, il Sounds, un altro jazz club con una grande storia europea. Adesso è chiuso ma voglio rilanciarlo. Vogliamo chiudere la trattativa entro novembre e se tutto andrà bene, sarà un altro momento importante”.
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