Capitale morale
Guido Cutillo
Economista, docente alla Luiss Business School, fondatore del gruppo Urbs Urbium
Il Flaminio come stadio della Roma non ha senso ma salvarlo può significare molto per la Capitale
Premetto, a scanso di equivoci, che trovo il Flaminio uno stadio bellissimo. Eppure piuttosto che vederlo andare in malora con tutto quello che gli sta attorno, preferirei vederlo abbattuto e ricostruito secondo canoni moderni (ovviamente con un progetto che mi aspetterei bellissimo dato che dovrebbe confrontarsi con il capolavoro dei Nervi). Riutilizzare l’attuale struttura per ospitare partite di calcio di livello anche internazionale, sebbene molto affascinante, temo sia incompatibile con gli standard contemporanei. Non è un caso che la possibilità più volte ventilata di assegnare lo stadio alla SS Lazio senza consentirne una più che radicale ristrutturazione non abbia incontrato interesse di sorta.
Oggi, dopo che lo stadio della AS Roma a Tor di Valle sembra essere diventato l’ennesima chimera del “Progggetto” giallorosso in salsa americana, si torna a parlare del nobile stadio Flaminio come una delle possibili alternative.
Non voglio qui trattare dell’opportunità logistica di vedere la ASR in una zona di Roma tradizionalmente più vicina all’altra sponda (quella laziale), quanto discutere dell’innegabile fascino romantico e urbanistico di poter finalmente completare un progetto di grande respiro per la nostra Capitale in grado tra l’altro di attivare un circuito economico non banale.
Tra tante zone di Roma ad altissimo potenziale di riqualificazione, quella del Flaminio è infatti tra le più interessanti per la sua contiguità con il centro storico. L’area che va da Villa Glori alle pendici di Monte Mario potrebbe diventare un asse unico di verde e architettura moderna e contemporanea tale da essere un vero e proprio polo di attrazione turistica alternativo ai percorsi storici oltre che uno spazio polifunzionale a disposizione della città.
Un serio progetto di riqualificazione dello stadio e del palazzetto dello sport (opere dei Nervi), messo a sistema con l’Auditorium di Piano e il MAXXI di Hadid costituirebbero l’ossatura su cui completare il progetto fino al Foro italico attraverso il Ponte della Musica, costituendo di fatto il boulevard dell’arte moderna e contemporanea della città. Il progetto sarebbe poi completato con le ex caserme di via Guido Reni.
Insomma si abbraccerebbe quasi un secolo di architettura, da quella razionalista e monumentale del ex foro Mussolini, a quella iper contemporanea di Hadid passando per le opere di Nervi e di Piano, facendo del quartiere una vera e straordinaria occasione per passeggiare attraverso la storia dell’architettura.
Interventi di questo genere avrebbero anche un impatto molto positivo in termini economici con investimenti e moltiplicatore della domanda oltre che con una rivalutazione degli immobili della zona. Gli investimenti infrastrutturali e nell’edilizia di qualità infatti, sono caratterizzati da un moltiplicatore che può arrivare anche a 2,5 volte. Significa che investendo 100 milioni, ad esempio, si avrebbero ricadute complessive sull’economia di 250. Questo è legato a tanti fattori il primo dei quali è che le maestranze impiegate in queste attività sono caratterizzate da redditi contenuti e quindi alta propensione al consumo. Mettere i soldi nelle tasche di questi lavoratori aumenta quindi velocemente i consumi e la domanda aggregata. Ma i benefici di un’operazione del genere sarebbero ovviamente ben superiori grazie alla creazione di un asse davvero interessante in ottica di attrazione turistica e sarebbero tanti i privati interessati a investire ad esempio sulla realizzazione di una “art distric”. L’idea di assegnare la progettazione di tutto ciò a Renzo Piano mi sembra splendida e in linea con quello che dovrebbe sempre fare Roma: progettare in grande!
Concludendo, io non sono convinto che il Flaminio possa diventare realmente lo stadio della ASR che vedo più facilmente interessata a soluzioni fuori dal raccordo come Tor Vergata o Fiumicino.
Ciò non toglie che il progetto di cui abbiamo parlato, il “Boulevard delle Arti XX-XXI”, comprensivo della ristrutturazione del Flaminio dovrebbe andare avanti spedito con progetti seri e realizzabili in tempi brevi, i migliori architetti in campo e senza dover condire per forza l’operazione con non accettabili speculazioni edilizie. Il Flaminio in un progetto di questo genere potrebbe, senza essere stravolto, diventare uno spazio polifunzionale e vivo a disposizione della città. Ad esempio Roma è spesso tagliata fuori dalle tournée musicali più importanti perché manca uno spazio adeguato per concerti che necessitano di capienze importanti. Ecco credo che il glorioso stadio Flaminio potrà tornare a vivere grazie ad una pluralità di attività sportive o non sportive, piuttosto che al solo calcio. A meno che qualcuno non decida che è arrivato il momento di abbatterlo e ricostruirlo ex novo…
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