Prati | La Storia

23 marzo 1944, quando in via Rasella si consumò una carneficina

di Sergio Campofiorito

Alle 15.45 del 23 marzo 1944 un boato scuote via Rasella. La miccia è stata accesa da Rosario Bentivegna, travestito da spazzino, che ha portato l’ordigno dentro un carrettino della nettezza urbana.

Tutto è stato preparato minuziosamente. Intorno, in posizioni strategiche, sono nascosti altri quindici partigiani. L’obiettivo è la colonna di soldati del battaglione tedesco “Bozen” che, quasi ogni giorno, passa per questa strada di ritorno dalle esercitazioni al poligono di tiro di Tor di Quinto. Dietro di loro, però si accodano alcuni bambini per giocare alla guerra, seguono la milizia che intona le note di “Hupf mein mädel” (Salta ragazza mia, salta). Per strada ci sono anche molti passanti, attirati dall’apertura pomeridiana dei negozi.

Sarà una carneficina. Il boato che si sente è terrificante. Uno dei superstiti, Konrad Sigmund, racconterà in seguito che la potenza della bomba è stata amplificata dall’esplosione a catena delle granate che i soldati tedeschi portavano nella cintola. L’onda d’urto è talmente devastante che i vetri delle finestre vanno in frantumi, cadendo in schegge sui soldati. Un autobus sbanda e termine la corsa contro i cancelli di Palazzi Barberini.

Nell’esplosione muoiono sul colpo ventisei soldati, altri sei spireranno in seguito per le ferite riportate. Tra i civili, anche un bambino, Piero Zuccheretti, il cui corpo viene dilaniato dalla deflagrazione. I tedeschi pensano che si tratti di un bombardamento, ma realizzano poco dopo che è un attacco. Nel frattempo i gappisti sono usciti dai loro nascondigli e quattro granate vengono lanciate in mezzo al nemico confuso. C’è sangue ovunque, il fumo riempie ancora l’aria quando sul posto arriva il questore Piero Caruso, il generale Kurt Mazler e il comandante delle SS Herbert Kappler. Mazler, colto dall’ira, vorrebbe far saltare in aria l’intero quartiere ma l’intervento di Kappler lo riconduce alla calma. La rappresaglia escogitata è tremenda: per ogni soldato ucciso (in totale 32) vengono fucilati dieci italiani.

Soltanto alle 22.55 del 24 marzo, a strage compiuta, il comando tedesco di Roma emana il suo comunicato: “Il Comando tedesco, perciò, ha ordinato che per ogni tedesco ammazzato dieci criminali comunisti-badogliani saranno fucilati. Quest’ordine è già stato eseguito”.

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