Prati | La Storia

17 aprile 1981, il sequestro del re del caffè, Giovanni Palombini

di Sara Fabrizi

Prati da cronaca nera. Il 17 aprile 1981, in via Marianna Dionigi, a due passi dal Palazzo di Giustizia, viene rapito Giovanni Palombini, il re del caffè. 

Sono più o meno le 21.45. L’anziano industriale è alla guida della sua Fiat 132. Accanto a lui, sul sedile del passeggero, la moglie, Elide Colombi. Stanno rientrando da una breve trasferta ad Amatrice, cittadina di origine di Palombini, dove sono andati a trovare dei parenti. Arrivato qui, di fronte a casa sua, al civico 57, l’uomo si vede bloccare il passaggio da un’auto. Prova a fare marcia indietro, ma un’altra macchina si mette di traverso. 

È un attimo. I membri della banda di Lallo Lo Zoppo, alias Laudavino de Sanctis, gli sono subito addosso. Con una violenza inaudita, Palombini viene afferrato e trascinato dentro una delle vetture, mentre si dibatte per cercare di sottrarsi a quella stretta. Le grida impaurite della moglie si spengono subito. Uno dei malviventi l’ha tramortita con il calcio della pistola. Il portiere dello stabile, richiamato dal frastuono, prova a dare aiuto. Ma diventa il bersaglio di una pioggia di proiettili che, soltanto per fortuna, non lo colpiscono.

La richiesta di riscatto non tarda ad arrivare alla famiglia. Se vogliono rivedere vivo l’anziano industriale, dovranno pagare 2 miliardi e settecento milioni. Le trattative vanno avanti, tra telefonate e messaggi in codice trasmessi attraverso annunci sui giornali. I familiari chiedono che il “pappagallo vecchio e malato” venga loro restituito. Così si riferiscono a Palombini, 81 anni, una salute fragile, che temono possa essere compromessa dalle sofferenze patite durante quella lunga prigionia. 

Verso la fine di aprile, i sequestratori fanno loro pervenire una foto. Ritrae Palombini, visibilmente stanco, ma vivo. Sorregge un giornale in ci è visibile la data. Nella speranza di riuscire a riabbracciarlo, si decide di pagare la prima rata: 400 milioni. Un secondo scatto arriverà ad agosto inoltrato. L’immagine, questa volta, è strana. L’ostaggio sembra fissare il vuoto, con gli occhi vitrei. Una benda gli sorregge la mascella.  

Nessuna sa, per il momento, che quell’immagine raffigura un uomo morto. L’anziano industriale, tenuto segregato in una roulotte, approfittando di un momento di distrazione degli uomini che lo tenevano in custodia, è riuscito a scappare. Ma, nel corso della fuga, è andato a chiedere aiuto alle persone sbagliate. Lo hanno riacciuffato e, per non farselo più sfuggire, hanno pensato bene di ucciderlo, conservando il corpo sotto ghiaccio. Il cadavere verrà ritrovato soltanto in ottobre, sepolto in un campo in località Vallata di Pantano, tra Genazzano e Valmontone.

La vicenda è raccontata anche nel volume di Typimedia Editore “La Storia di Prati”.

GUARDA: Come acquistare “La Storia di Prati” 

Sostieni RomaH24 Sostieni RomaH24
grazie