19 Marzo 2021 - 22:07 . Prati . EXTRANEWS
La Spoon river di Prati: ecco le storie dei piccoli sacrari nelle nostre strade
di Sergio Campofiorito
Sono morti tra le nostre strade, chi per un incidente, chi per mano assassina. Il quartiere non vuole dimenticarli e, nei luoghi delle tragedie, ha eretto piccoli santuari dove spesso passiamo distrattamente senza conoscere le loro storie. Ve le sveliamo in questa “Spoon river” che parte dal 1985.
C’è una piccola stele dimenticata in viale Giulio Cesare, di fragile marmo spezzato e spoglia di petali. Un platano la veglia all’incrocio con via Lepanto. Nell’eternità della pietra, tra rami caduti e fogliame ingiallito, è inciso: “È qui che il buio ha fatto suoi i favolosi vent’anni di Daniela Nicolazzo e Milva Cazzavillan”. Una sera, intorno alle 23.30, mentre percorrevano in motocicletta il viale, si sono scontrate con un torpedone carico di turisti.
Daniela viveva a San Maurizio Canavese, nel torinese e Anna Milva ad Arzignano, in provincia di Vicenza. Nell’estate del 1985 si trovavano a Roma per trascorrere le vacanze. Da allora, una piccola stele illacrimata senza cerimonie resiste e nella città eterna riporta parole eterne, di come il buio si sia preso due giovani vite. Era il 16 luglio 1985, oggi un platano custodisce la piccola lapide affinché l’oblio non trovi dimora in viale Giulio Cesare.
Il ciclista. Due biciclette di bianco sporcato dalle intemperie, colorate di fiori, sono poggiate a un semaforo di piazzale Maresciallo Giardino. Sui pedali c’era un giovane ciclista canadese, di appena 22 anni. Si chiamava Jonathan Campbell Bennet. Il 21 novembre 2017, fu sbalzato dalla sella in seguito all’urto contro un veicolo in transito, fu poi investito da una seconda auto che non gli lasciò scampo.
Jonathan suonava il piano ed era curioso del mondo, dopo la Capitale aveva in programma un viaggio in terre esotiche, nei luoghi dove il Sole sorge e non tramonta mai per chi ha la felicità nel cuore di inseguirlo.
I due chef. Alessandro Narducci e Giulia Puleio erano amici, erano chef, erano giovani. Lui aveva 29 anni, lei 25. Tra i civici 5 – 13 del lungotevere Della Vittoria le loro fotografie raccontano chi sono stati, i loro grembiuli cosa sarebbero diventati.
Un’auto li ha investiti il 21 giugno 2018, mentre erano in sella a uno scooter. Era la prima sera d’estate, quando la luce sembra non tramontare. Invece, in quell’angolo tormentato del quartiere quella sera la tenebra è calata troppo presto.
Non ci sono soltanto i fiori a omaggiarli, ma anche due piccoli orticelli dove crescono piante aromatiche e qualche verdura. Ad abbeverarle è il pianto dei genitori e degli amici che amorevolmente curano questo ultimo bastione contro il dolore.
Il carabiniere. Indossava la divisa per proteggere gli altri, ma quella divisa non l’ha protetto dalle pugnalate. È morto così Mario Cerciello Rega, in un angolo di via Pietro Cossa, ucciso da undici fendenti per i quali sono oggi a processo due giovani americani. Bardata del tricolore, l’immagine del suo fiero sorriso si trova oggi attaccata a un palo che reca un’indicazione stradale, quella per raggiungere una stazione dei carabinieri.
Aveva 35 anni, era vicebrigadiere dell’Arma, nella notte tra il 25 e il 26 luglio 2019 il cremisi ha abbandonato il suo corpo, strappandolo alla vita e al caldo abbraccio della giovane sposa. “Ti manderò un bacio con il vento e so che lo sentirai”, gli ha scritto. Insieme al bacio, gli giungeranno anche i pensieri e le preghiere di chi ogni giorno passa da via Pietro Cossa.
