2 Maggio 2021 - 20:18 . Prati . Media
Caso Adinolfi, il mistero del giudice scomparso in un libro di Typimedia Editore
La sparizione di Paolo Adinolfi, magistrato del Tribunale fallimentare di Roma, che viveva in zona Camilluccia, è uno dei casi più complessi ripercorsi dal giornalista del Corriere della Sera, Fabrizio Peronaci nel volume “Morte di un detective a Ostiense e altri delitti” (Typimedia Editore). Il giudice Adinolfi scompare il 2 luglio 1994. A quasi trent’anni di distanza, la figlia maggiore, Giovanna, ha scritto una lettera aperta al Corriere della Sera, in cui attacca lo Stato: “Non ha cercato mio padre” scrive la donna.
Peronaci ha ricostruito puntualmente tutte le tappe precedenti alla scomparsa del giudice: pubblichiamo di seguito un estratto del capitolo “Il magistrato che dava fastidio” tratto dal volume “Morte di un detective a Ostiense e altri delitti”
“Nell’immagine scelta dalla famiglia per i giornali, nella speranza che qualche lettore lo riconoscesse, il dottor Adinolfi aveva un aspetto quasi curiale: sguardo mite, occhialoni quadrati e una calvizie già accentuata; “cattolico osservante, ai limiti del bigottismo”, lo avrebbe in effetti definito in seguito la moglie. Il martedì precedente la primogenita era rientrata dopo un anno di studi all’estero e lui le aveva confidato di voler andare a ringraziare la Madonna del Divino Amore. Spesso, salito sulla sua Bmw 316, nel tragitto verso il tribunale faceva una sosta al Villaggio Olimpico, per raccogliersi qualche minuto in preghiera nella chiesa di San Valentino. Ma il sabato della scomparsa il parroco non lo notò. Alla polizia che giorni dopo bussò in canonica, don Dino Fortunato rispose dicendo di non averlo visto, quel sabato, e allargando le braccia.
Ogni dettaglio della mattinata sarebbe diventato importante e da valutare con la massima attenzione. Cosa che fecero i familiari, nel tentativo di trovare la chiave del giallo.
Lo fecero meno gli inquirenti. Perché il mistero era e resta interamente lì, in un lasso di tempo ristretto: tra le 9.00 e il primo pomeriggio del 2 luglio 1994, quando ormai Nicoletta, che aveva preparato pasta e fagioli, disperava del ritorno di suo marito.
La successione degli eventi di quella mattinata di Paolo Adinolfi è racchiusa nei quartieri alla destra e alla sinistra del Tevere, Prati e Flaminio, con una divagazione finale prima sulla collina dei Parioli e poi dalle parti della stazione Termini. Sette spostamenti all’interno dei quali si cela qualcosa: il buco nero di una possibile, probabile azione criminale”.
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