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4 gennaio 1944: in via Pompeo Magno, la Gestapo arresta don Morosini
di Sergio CampofioritoIn via Pompeo Magno 21 ci sono le porte del Collegio Leoniano, dove ancora oggi si formano tanti seminaristi. In questo luogo viene segnata per sempre l’esistenza di don Giuseppe Morosini.
“Peppino”, come lo chiamano gli amici, dopo l’8 settembre si unisce alla Resistenza, proponendosi come assistente spirituale della banda Mosconi, attiva a Monte Mario. Morosini non si limita soltanto alla funzione sacerdotale, è direttamente coinvolto nelle azioni del gruppo: si procura armi per i partigiani, accoglie feriti e superstiti al collegio, cura la produzione e la distribuzione di documenti falsi ma, soprattutto, raccoglie informazioni preziose. Tramite un ufficiale austriaco, Peppino ottiene una copia del piano operativo dello schieramento nazista a Cassino.
L’attività del religioso però non sfugge alla Gestapo che il 4 gennaio 1944 lo cattura e lo deporta a Regina Coeli. L’esca è preparata da un doppiogiochista, il panettiere Dante Bruna, infiltrato tra i partigiani di Monte Mario. Bruna attira don Giuseppe nella sua casa, con la scusa di passargli sotto banco armi e munizioni, ma è una trappola escogitata al solo fine di far arrestare il sacerdote in flagranza di reato. La sua delazione gli varrà 70mila lire.
Alle 15 del 4 gennaio, mentre Morosini sta tornando dall’incontro fatale accompagnato dall’amico Marcello Bucchi, le SS arrestano entrambi. L’accusa è di aver passato agli Alleati la mappa del piano di Cassino e il traffico di armi. Le perquisizioni del collegio, infatti, portano alla luce un deposito di fucili e armamenti.
Durante il brutale interrogatorio, don Peppino non emette un fiato, torture e sevizie non riescono a strappargli i nomi dei complici. Nel carcere rimarrà appena due mesi nella cella numero 382. Il futuro presidente della Repubblica, Sandro Pertini, lo incrocia in un corridoio, ha il volto livido per le percosse. In cella, conosce Epimenio Liberi, combattente, con il quale stringe un forte legame. Per lui, che aspetta il terzo figlio, Morosini compone una ninna nanna che avrebbe dovuto suonare alla festa di battesimo. Quelle parole, custodite in una lettera inviata da Epimenio alla moglie, sopravvivono ancora oggi: “Ninna nanna, ninna nanna, dormi tesor, dormi amor, sopra il tuo capo c’è la Madonna, sopra il tuo cuore c’è il mio cuor”.
Epimenio non vedrà mai suo figlio poiché viene fucilato nelle fosse Ardeatine il 24 marzo e Morosini non celebrerà mai il battesimo promesso perché verrà giustiziato a Forte Bravetta il 3 aprile.