17 Settembre 2020 - 10:08 . FuoriQuartiere . Cronaca

L’editoriale: le bestie-killer che hanno ucciso Willy e il loro mondo feroce

Willy Monteiro Duarte
Willy Monteiro Duarte

di Luigi Carletti

Ci sono fatti di cronaca che vanno interpretati al di là della loro cruda, drammatica, feroce immediatezza. Se non lo facciamo, significa che non abbiamo capito niente. Significa che stiamo perdendo una grande opportunità per rendere la nostra società un po’ meno malandata di quanto già non sia oggi.

L’omicidio di Willy Monteiro Duarte ad opera di quattro giovani della zona di Colleferro non è un fatto di cronaca come tanti altri. Non è casuale. Non è un episodio fine a sé stesso. Non è avulso dal contesto sociale in cui è maturato. Non è scollegato da responsabilità che coinvolgono le famiglie e le strutture parentali dei giovani coinvolti. È insomma un fatto la cui gravità è enorme proprio perché coinvolge un intero mondo fatto di relazioni, affinità, rapporti di ogni genere, incluso quello con le palestre dove i quattro si allenavano a far male. Un mondo malato di feroce ignoranza.

Su tutto questo adesso bisogna andare fino in fondo.

Quelle palestre vanno indagate e i loro titolari devono chiarire che cosa si fa là dentro e quanti altri bulli potenzialmente killer stanno allevando giorno dopo giorno. L’opinione pubblica chiede provvedimenti esemplari contro i quattro se si dimostreranno le loro responsabilità. Benissimo. Ma provvedimenti esemplari servono contro tutti coloro che sono stati complici, in un modo o nell’altro. Devono pagare loro e chi li ha forgiati nel fango tossico della violenza fine a se stessa, chi li ha lasciati fare quando – in altre occasioni – hanno minacciato e picchiato. Esistono denunce precedenti? Se sì, che fine hanno fatto? Sono state derubricate a “ragazzate”, come purtroppo avviene molto spesso? Se è così, chi lo ha fatto deve pagare per un errore che con il tempo si è rivelato tragico.

La società – che poi siamo noi tutti – deve reagire con forza di fronte a queste tragedie. E deve farlo senza esitazione, senza indulgenze, con la piena consapevolezza che “siamo seduti su una polveriera”. Sono le parole del vescovo di Velletri, Vincenzo Apicella, il quale sa perfettamente che Dio dice “a me appartiene la vendetta”, ma sa anche che la giustizia terrena ha i suoi strumenti: dobbiamo solo usarli. E farlo senza indugi.