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Furti e rapine in casa: che fare per difendersi in sicurezza

di Vincenzo Fenili *

Tra i reati che ci colpiscono più da vicino e personalmente, quelli commessi nei  luoghi di residenza sono tra i più odiosi: si tratta di una violazione intima del nostro rifugio più sacro e gelosamente custodito dove normalmente si concentrano sia i nostri affetti sia le nostre cose più care e talvolta più preziose. Le statistiche sono per una volta abbastanza superflue, il fenomeno non è in crescita ma i numeri sono comunque altissimi: 10,3 ogni 1000 famiglie su base nazionale denuncia alle autorità questo tipo di evento ma si stima che, come al solito e per vari motivi, solo uno su due reati di questo tipo siano “ufficializzati”.

L’ex agente sotto copertura Vincenzo Fenili

Se poi i malviventi entrano in casa durante la notte quando le vittime dormono oppure lo fanno in orari “normali” il passo tra furto e rapina con relative violenze è breve.

Anche a Roma nessun quartiere sembra particolarmente al sicuro tanto quanto nessuna tipologia di vittima è esclusa: si va da Pietralata, dove i ladri entrano in una casa senza lasciare il benché minimo segno sul “come” sia avvenuta l’effrazione, alla villa sull’Appia Antica del famoso calciatore, al modesto appartamento di due anziane sorelle nel quartiere Nuovo Salario. Negli ultimi due casi, avvenuti nei mesi scorsi, si è trattato di rapina senza violenza fisica nel primo ma con un morto ed un ferito grave nel secondo. A volte la presenza di protezioni passive sembra che, perlomeno al momento del reato, non faccia una grande differenza: le nostre forze dell’ordine fanno un eccellente lavoro ma anche questa tipologia di crimini è difficilmente prevenibile e i numeri purtroppo parlano da soli.

Ancora una volta la prevenzione è non solo teoricamente la migliore arma ma siamo noi che dobbiamo dare una mano a Polizia e Carabinieri segnalando, ad esempio, tutte le attività sospette che rileviamo intorno alla nostra abitazione: autovetture non note che transitano a orari irregolari, passanti che si attardano ripetutamente e senza apparente motivo… l’elenco delle cosiddette anomalie non compatibili sarebbe lungo. Senza diventare paranoici facciamo semplicemente più attenzione all’ambiente che ci circonda, analizziamo tutto ciò che palesemente è al di fuori dalle normali attività e senza paura di “disturbare” o di fare brutta figura alziamo il telefono e chiamiamo i noti numeri di pronto intervento: questo livello di attenzione dovrebbe essere innalzato comunque, anche quando non ci riguarda direttamente, sulla base di quel concetto di “controllo sociale” proveniente dal basso, che vede ogni cittadino diventare sentinella a garanzia di una vita più sicura per la collettività.

Mi rendo conto che questo atteggiamento, soprattutto in questo periodo dove ancor di più ognuno pensa a se stesso e alla propria salute, sia difficile da consolidare nella mentalità prevalente, ma esso migliorerebbe non solo la prevenzione dei reati di cui stiamo parlando ma in generale di tutti i reati, compresi quelli gravissimi anche legati al terrorismo. Le misure di protezione passiva di una residenza sono più o meno sempre le stesse, grandi progressi sono stati fatti nella qualità dei metalli di serramenti, inferriate, infissi blindati e serrature varie, ma questi progressi sono stati monitorati dai criminali con grande diligenza: in pratica una combinazione di attrezzature sofisticate ma anche di tecniche abbastanza semplici fanno si che non vi sia nessuna barriera a prova di scasso. È perlopiù una questione di tempo a disposizione e di rumore, ma ogni porta blindata, inferriata e quant’altro verranno immancabilmente divelte, aperte, tagliate.

Un esempio di quanto un “professionista” riesca a fare facilmente è il cosiddetto “Key Bumping”, tecnica che non lascia segno, impiega utensili facilmente reperibili e apre senza danneggiarla praticamente qualsiasi serratura… con buona pace di chi vi dice che la “tal” serratura è inviolabile. Le procedure dei ladri sono diversificate e metodiche come applicare colla sulle serrature esterne anche al fine di verificare la frequenza di utilizzo ed in taluni casi diventano così sofisticate da impiegare contromisure digitali. Il quadro è un po’ sconfortante ma quando si impiegano difese attive come sensori di prossimità e impianti di allarme e videosorveglianza collegati con le forze di Polizia, le probabilità di interdizione aumentano di molto: anche in questo caso il professionista è a volte in grado di disabilitarli, ma la tecnologia può comunque essere un buon deterrente, soprattutto quella delle videocamere che registrano e trasmettono in remoto e talvolta consentono di individuare i criminali con rapidità e precisione… anche se magari il reato è già stato commesso.

Una buona combinazione di difese passive e attive può rendere la vita più difficile ma non impossibile al ladro: il problema è che questa combinazione di misure può avere costi molto elevati ovviamente sostenibili da una minoranza della popolazione. Il tema di fondo è sempre lo stesso: una lotta efficace contro questo tipo di reato ed i reati in genere passa attraverso la prevenzione ed essa è frutto di quella coesione sociale che a noi manca. Ci sarà un motivo per cui nelle zone più rurali i furti e le violenze nelle abitazioni sono tendenzialmente minori?

L’identikit della probabile vittima non esiste con precisione, ma coloro che per motivi lavorativi o altro trascorrono periodi lunghi e prevedibilmente ripetuti lontano da casa sono prede preferite. Raramente il ladro agisce senza fare appostamenti più o meno lunghi. Nei piccoli o piccolissimi paesini della provincia, e anche nelle zone rurali più isolate, esiste un sistema di vigilanza automatico e reciproco: basato su una buona dose di buon senso, molta solidarietà e vantaggi per tutti. Questo fa sì che chi di noi vive in questi contesti abbia meno ragioni di preoccuparsi… pur non abbassando la guardia più di tanto. Anche in questo caso i numeri parlano da soli.

Tutte le considerazioni e i suggerimenti di cui sopra sono ancor più validi nel malaugurato (ma per fortuna abbastanza raro a Roma) caso di una rapina perpetrata in abitazione: qua l’evento prende una piega drasticamente diversa in quanto l’elemento “violenza” entra nell’equazione assieme al diritto/dovere di difendere noi stessi e i nostri cari… e possibilmente non commettere a nostra volta un reato. Dal mio personalissimo (e ovviamente opinabile) punto di vista, preferisco un brutto processo a un bel funerale, anche se togliere la vita a un altro essere umano è un evento che segna per sempre la vita di una persona normale. Vediamo però quando si rischia di passare dalla parte del torto, soprattutto se a casa deteniamo legittimamente armi: l’uso di esse per difendersi non è una azione sempre legittima, neppure dopo la legge 36/2019 che “esclude la punibilità di chi, difendendosi nel domicilio o nel proprio luogo di lavoro – come nel caso della rapina in un esercizio commerciale – uccida o ferisca l’intruso”.

Tuttavia, esistono alcuni paletti inderogabili oltrepassati i quali oltre la difesa è illegittima: “Il pericolo dell’offesa deve essere attuale, l’aggressione rivolta alle persone e non ai beni e la difesa impossibile con una azione alternativa”.

Il concetto dell’ “azione alternativa” è a mio avviso un bizantinismo che lascia nelle mani del giudice una discrezionalità notevole, ma di fatto quello della legittima difesa è un argomento che rimane di attualità sulla scia dei fatti di cronaca anche recenti, purtroppo non pochi. Ricordiamo ad esempio quanto accaduto a Voghera recentemente, quando è stato contestato ad un assessore comunale l’eccesso colposo di legittima difesa per l’uccisione di un uomo, o anche la rapina di Grinzane Cavour, conclusasi con l’uccisione di due ladri da parte di un gioielliere.

Se si detengono armi da fuoco in casa è necessario per quanto possibile mantenere la calma, evitare la tentazione di pericolosi eroismi e pensare solo a salvaguardare la propria incolumità e quella dei propri familiari anche se ciò significa assecondare i malviventi: ovviamente tutti questi sono ottimi principi che non possono avere un’applicazione e una valenza generali. Ognuno di questi eventi ha un suo decorso particolare e ognuno di noi reagisce umanamente in modo diverso allo stress ed alla paura, soprattutto nel caso di una situazione che ci coglie di sorpresa nel luogo dove ci sentiamo più al sicuro. Molto probabilmente una persona normale con un lavoro altrettanto normale reagirà molto diversamente da un operatore del GIS o del 9° Battaglione d’Assalto, ma anche qui non ci sono né regole né una casistica che ci consenta di analizzare meglio il fenomeno. Se vale il principio che è meglio tentare di concludere pacificamente la brutta avventura, anche a costo di perdere beni materiali, la questione diventa molto più complicata se la violenza fisica entra in scena: talvolta il rapinatore, al fine di dissuadere la vittima dal reagire, è immediatamente violento e allora un’istintiva e comprensibile reazione può avere conseguenze tragiche.

Quando si entra in questa “zona rossa” è impossibile dare consigli sensati in quanto nell’equazione di un evento violento entrano in gioco innumerevoli fattori ma il tempo per valutarli è scarsissimo e le nostre capacità cognitive potranno essere grandemente invalidate dall’elemento stress e anche dalla comprensibile paura. Impugnare un arma per difendersi non vuol dire necessariamente sparare al malvivente: in un ambiente relativamente confinato come un’abitazione, un coltello o una mazza da baseball possono diventare armi di difesa formidabili… ovviamente se gestiti da mani esperte, con freddezza e con la determinazione necessaria al fine di prevenire ulteriori e pericolosissime reazioni da parte del o dei delinquenti.

Ma quanti di noi hanno quel tipo di esperienza, freddezza e decisione in quei tremendi momenti? E se la nostra reazione ha successo, le conseguenze sul piano legale sono una vera incognita: poco consola il fatto che  in linea teorica la proporzione dell’autodifesa non dovrebbe essere affidata alla discrezionalità del giudice: “Agisce sempre in stato di legittima difesa colui che compie un atto per respingere l’intrusione posta in essere, con violenza o minaccia di uso di armi o di altri mezzi di coazione fisica, da parte di una o più persone”.

Nel nostro Paese molto spesso la Legge viene interpretata dal giudice di volta in volta e non semplicemente applicata, e ciò avviene sulla base di valutazioni personali che talvolta lasciano a dir poco perplessi, con buona pace del principio che dovrebbe escludere la punibilità se chi si è difeso recando offesa fisica all’aggressore ha agito in stato di “minorata difesa”, ovvero in uno stato di grave turbamento causato dalla situazione di reale e concreto pericolo.

In conclusione, è bene mantenere sempre un lieve ma costante livello di attenzione relativamente al mondo che ci circonda: entro certi limiti, un furto o una rapina possono essere evitati anche solo con una modesta opera di prevenzione… ma non sempre. Prima che un evento violento entri nella nostra vita, facciamo i conti molto freddamente con noi stessi e mentalmente simuliamo quali potrebbero (o dovrebbero) essere la nostre reazioni. Non facciamo gli eroi, accettiamo di perdere cose materiali anche molto preziose ma non dimentichiamoci che se per difendere la vita dei nostri cari dobbiamo rischiare la nostra… ne vale davvero la pena. Almeno per me.

* (Vincenzo Fenili è un esperto di sicurezza ed ex agente sotto copertura in forza a vari servizi di intelligence italiani e nell’ambito Nato. Con lo pseudonimo di Kasper ha scritto, insieme a Luigi Carletti, il romanzo-verità “Supernotes”, edito da Mondadori nel 2014).

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