18 Dicembre 2021 - 11:41 . Cronaca
Violenza sulle donne: come e perché si può reagire con efficacia
di Vincenzo Fenili *
I numeri delle statistiche in Italia sulla violenza in generale e quelli sulla violenza verso le donne parlano da soli: nel 2020 sono state 116 le donne uccise ma ben 89 al giorno sono state vittime di varie forme di violenza, eventi per il 62% accaduti in famiglia, quasi sempre in casa e nel 72% per mano del marito/compagno o dell’ex.
Roma nel 2021 è la città italiana con il più alto numero di femminicidi con 15 eventi ma, forse anche a causa del lockdown, già nel 2020 si era raggiunto un picco di 1500 denunce di violenze: nello stesso anno, solo i centri antiviolenza del Comune di Roma ricevevano 758 denunce contro le 351 del 2019. Nessun quartiere della nostra città è particolarmente virtuoso, gli episodi si verificano dal centro storico alla periferia e se pensiamo che il CSM stima che solo il 10% delle vittime sporge denuncia, i numeri sono veramente da capogiro.
Di questo orribile fenomeno si fa un gran parlare sui media ma sempre, a mio avviso, con sdegno misto a una punta di rassegnazione: essendo l’uomo nella quasi maggioranza dei casi fisicamente più forte, nel malaugurato caso di una violenza si ritiene che molto verosimilmente egli avrà il sopravvento.
La realtà purtroppo sembra confermare quanto sopra, ma secondo me vi è un errore di fondo nel considerare questo fatto come ineluttabile e irreversibile. Credo che questo sia un mito da sfatare nelle sue molteplici sfaccettature tanto quanto, per esempio, quello che (citando fonti ufficiali) “il provvedimento maggiormente efficace sia l’ammonimento del Questore”. Con il dovuto rispetto istituzionale, non mi sembra che l’“ammonimento del Questore” nei confronti dell’uomo violento o molestatore abbia avuto impatti massicci e positivi sul fenomeno. Mi trovo invece assolutamente d’accordo con quanto dice il Prefetto Francesco Messina: “La sfida contro il femminicidio si gioca esclusivamente nel campo della prevenzione”.
Ma di che tipo di prevenzione stiamo parlando?
Se è vero che uno dei problemi che ostacolano questa prevenzione è il fatto che poche donne hanno, per una miriade di motivi, il coraggio di denunciare le violenze alle autorità, è altrettanto vero che la vera prevenzione si trova altrove: essa deve risiedere anche in un radicale cambiamento nell’atteggiamento delle donne relativamente sia alla necessità di percepire i primi segnali di violenza (di qualsiasi tipo) sia alla propria capacità di reagire, se necessario anche drasticamente. Insomma, la prevenzione e anche la capacità di evitare un evento violento prima che accada sono collegati allo sviluppo di capacità di “percezione e reazione”, altrimenti non se ne esce: nella stragrande maggioranza dei casi, quando le forze dell’ordine arrivano è già troppo tardi.
In questo caso il concetto di “polizia predittiva” è assolutamente vincente anche se è impensabile che lo Stato possa attuarlo negli ambiti dove questo tipo di violenza si consuma: sono le donne stesse che si devono rendere conto di avere tutti gli strumenti e le capacità per difendere se stesse e i loro figli.
Da anni sono impegnato con la mia Onlus (Fiamme d’Argento Coop. Soc.) a fare corsi a titolo gratuito di difesa personale esclusivamente riservati a donne, avvalendomi anche di collaboratori con competenze specifiche. I corsi sono tenuti con il patrocinio e la collaborazione di realtà sociali ed istituzionali ben radicate nel territorio. Attualmente, ad esempio, abbiamo strutturato una fattiva collaborazione con il piccolo Comune di Canale Monterano, da sempre molto attento alle politiche sociali e di inclusione: di concerto con il sindaco Alessandro Bettarelli e la Regione Lazio stiamo strutturando un progetto che coinvolga scuole, strutture sportive locali e anche il locale oratorio al fine di sensibilizzare i soggetti interessati alle problematiche relative non solo alla violenza di genere ma anche al bullismo offrendo consulenze e proposte risolutive. L’idea è quella di allargare questa iniziativa a tutti i comuni limitrofi al fine di creare un vero e proprio “modello”.
Il mio atteggiamento sull’argomento – lo dico con chiarezza – è spesso categorico rispetto al sentire comune sull’argomento.
Offrire degli strumenti di difesa senza prima aver molto lavorato sulla presa di coscienza delle donne affinché esse possano utilizzarli in maniera efficace, rischia di essere una perdita di tempo per tutti. I miei programmi sono moderatamente lunghi e ogni modulo (ovvero una lezione di circa 90 minuti) è articolato su almeno 30 minuti di parte teorico-motivazionale con grande attenzione al concetto di “autostima”.
Questa parte della lezione è probabilmente la più significativa in quanto consente alle allieve di prendere coscienza e padronanza di tutte quelle “armi” in loro possesso che non sanno di avere: ho visto recentemente uno spot televisivo nel quale una donna viene inseguita da un uomo, alla fine si appoggia disperata a un muro come se dovesse attendere il suo violento e ingiusto destino: si tratta a mio avviso di un pessimo messaggio, del tutto negativo e intriso di arrendevolezza. Avrei voluto vedere una diversa sceneggiatura nella quale la donna, approfittando magari di un angolo o di un ostacolo naturale, si gira e con qualche tecnica adeguata stende il proprio aggressore. Impossibile? Fantastico? Assolutamente no, chiedete alle mie allieve.
Come ho accennato, i miei corsi sono strutturati in moduli addestrativi e puntano allo sviluppo di una naturale mentalità difensiva: essa accompagna le allieve in ogni momento della loro vita senza alimentare paranoie, anzi, eliminandole del tutto. L’idea fondamentale è che la “consapevolezza” dell’ambiente che ci circonda e l’interpretazione dei segnali che esso genera sono il fondamento della prevenzione. Questa gestione dell’ambiente crea un elemento fondamentale: essere sicuri di noi stessi. Il pericolo può essere percepito in anticipo attraverso, per esempio, l’interpretazione del linguaggio del corpo e delle espressioni facciali, la determinazione e difesa dello spazio di prossimità, la gestione dei riflessi istintivi, l’utilizzo della visione periferica e del “colpo d’occhio”. Attività anche istintive in cui tra l’altro, la donna, spesso è più pronta rispetto all’uomo.
Questi sono i principi fondamentali di un’efficace difesa personale dedicata alle donne la quale, per inciso, inizia con una preliminare ma determinata difesa verbale: dimentichiamoci le suppliche di pietà ed assumiamo un atteggiamento verbale deciso che sia il preludio alle inevitabili rapide e conclusive azioni di difesa! La mia didattica in tal senso è basata solo su esperienza personale, quindi non parlo né insegno tecniche in linea teorica ma mi avvalgo di esperienza fatta sul campo: provengo dal Judo, iniziato da bambino, e successivamente dal pugilato e dalla kickboxing, sempre come agonista prima che istruttore. Avendo vissuto tra Thailandia e Cambogia, ho praticato la Muay Thai e la Muay Khmer, poi ho avuto modo di trascorrere periodi di tempo in Israele dove sono diventato istruttore di Krav Maga.
Quando possibile mi avvalgo di collaboratori psicologi ed esperti del comportamento provenienti dalle forze dell’ordine e con competenze specifiche. Le mie allieve in generale vanno dai 16 ai 70 anni ed hanno una forma fisica che va dalla casalinga all’atleta di triathlon ma, proprio a causa di quella formazione motivazionale che costituisce il nocciolo del programma, alla fine il risultato è eccellente per tutte.
Mi sento di dire che tutte le donne, di qualsiasi età e in qualsiasi forma fisica, possono certamente assimilare una mentalità e una tecnica difensiva che vedrebbe calare drasticamente il numero di vittime di violenza e femminicidio… e aumentare quello dei feriti, più o meno gravi, tra gli aggressori.
Ovviamente, esaurita la parte “teorica”, mi assicuro che le allieve sviluppino gradualmente una certa tonicità muscolare e un minimo di forma atletica: è una bellissima esperienza personale vedere come esse comincino gradualmente a credere sempre di più in se stesse e scoprano capacità e risorse psico-fisiche che pensavano di non avere o che fossero comunque irraggiungibili.
Relativamente alle tecniche che utilizzo preferisco insegnarne poche ma ripetute “all’infinito” affinché diventino del tutto “naturali” e suddivise secondo gli eccellenti criteri del Krav Maga: esso nasce con scopi e finalità prettamente militari e può essere considerato come un sistema “High Tek” di combattimento omnicomprensivo e continuamente aggiornato che ingloba anche tecniche provenienti da altre arti marziali. La sua declinazione in ambiti civili consente di ottenere risultati efficaci in tempi ragionevoli purché non si tenti di trasformare le allieve in “superdonne”: non ne hanno bisogno, dispongono di tutte le risorse a capacità per difendersi efficacemente ma troppo spesso non lo sanno.
* (Vincenzo Fenili è un esperto di sicurezza ed ex agente sotto copertura in forza a vari servizi di intelligence italiani e nell’ambito Nato. Con lo pseudonimo di Kasper ha scritto, insieme a Luigi Carletti, il romanzo-verità “Supernotes”, edito da Mondadori nel 2014).