9 Ottobre 2022 - 14:14 . Cronaca
Quarant’anni dopo l’attentanto alla Sinagoga di Roma: le commemorazioni con Sergio Mattarella
Davanti al Tempio Maggiore di Roma, nel ghetto ebraico, è un giorno di festa. Lo era anche il 9 ottobre di quarant’anni fa, nel 1984, quando un commando di terroristi di origine palestinese aprì il fuoco sulla folla, ferendo 40 persone e uccidendo un bambino, Stefano Gaj Taché, di soli due anni.
La Comunità ebraica di Roma si è riunita al Tempio Maggiore per ricordare il dolore con una dichiarazione di pace: una celebrazione religiosa con la donazione del Sefer Torà (rotolo della Torah): dichiarazione di vita, pace e speranza nel futuro. Alle celebrazioni ha partecipato anche il Capo dello Stato Sergio Mattarella, accolto da Ruth Dureghello, presidente della Comunità ebraica di Roma, e il rabbino capo Riccardo di Segni. Presenti anche il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti, il sindaco di Roma Roberto Gualtieri, il prefetto di Roma Matteo Piantedosi e Alon Bar, ambasciatore di Israele in Italia. Mattarella è stato accolto da un lungo applauso al suo ingresso nella sinagoga.
“La sua presenza qui oggi rappresenta un ulteriore tassello di vicinanza e amicizia, ma soprattutto la rivendicazione di quel messaggio che sin dal giorno del suo insediamento ha voluto far suo. Noi siamo italiani, orgogliosamente, e anche se qualcuno in passato non ci ha considerato tali, noi continueremo con questo spirito a vivere a contribuire per il bene di questo Paese – ha detto Ruth Dureghello –. Se per tanto tempo ci siamo sentiti soli, la sua presenza qui oggi invece ci fa comprendere che non lo siamo più e di questo gliene siamo grati”. La presidente della Comunità ebraica di Roma ha poi chiesto verità e giustizia, perchè ancora non è stata fatta luce sui fatti del 9 ottobre del 1982. Ma non vendetta: proprio per questo, oggi la comunità ha voluto ricorda quel giorno doloroso, con una cerimonia di pace.
“Il dono di un nuovo rotolo della Torà a questa Sinagoga dedicato alla piccola vittima dell’attentato si arricchisce di significati – ha spiegato il rabbino capo Riccardo Di Segni –. Ricordando il terribile insulto di 40 anni fa noi vogliamo affermare il nostro legame con i valori rappresentati da quel libro, la costruzione contro la distruzione, la civiltà contro la barbarie, la legge contro la sopraffazione, il rispetto contro l’offesa, la speranza contro la disperazione, la vita contro la morte”.
Alla cerimonia ha partecipato anche la famiglia Taché: la madre, il padre e il fratello del piccolo Stefano, e Sami Modiano, sopravvissuto al campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau, che ha avuto un dialogo con il Presidente Mattarella. “L’azione durò poco più di un minuto- ricorda fuori dalla sinagoga Sandro Di Castro, che quella mattina era presente- io avevo appena 22 anni. Ricordo il lamento delle persone, e poi un silenzio senza fine. Restano degli interrogativi da chiarire: perchè quella mattina non c’era nessun poliziotto, non c’era sicurezza?”. Anche Nicola Zingaretti, il presidente della Regione Lazio, ha detto che “la richiesta di verità e giustizia è condivisibile, è un fatto che riguarda la comunità ebraica ma riguarda anche tutti noi”.