9 Maggio 2022 - 18:58 . Cronaca
Peste suina, parla l’epidemiologo: “Gli animali domestici non corrono rischi, ecco come si diffonde”
Sempre più spesso i cinghiali sconfinano nel territorio urbano, in cerca di cibo escono dalle riserve e si avventurano nei centri abitati dove i cassonetti ricolmi di rifiuti rappresentano per i suidi una tavola addobbata. A corollario, gli avvistamenti si ripetono ormai con frequenza, il rischio di un incontro ravvicinato è maggiore nelle ore tra l’imbrunire e l’alba.
Dopo il ritrovamento nella riserva dell’Insugherata di un esemplare morto di peste suina l’allerta è massima, non soltanto per le persone che rischiano una carica, ma c’è apprensione anche per gli animali domestici. La peste suina è trasmissibile a cani e gatti?
“Assolutamente no — rassicura il professor Vittorio Guberti, 64 anni, epidemiologo dell’università di Bologna e ricercatore dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale —. Il virus colpisce soltanto cinghiali e maiali, non animali domestici e neanche l’uomo. La peste suina si veicola diversi modi: tramite un particolare tipo di zecca, che in Italia non è presente; tramite il contatto diretto tra due ungulati, come può essere lo sfregamento dei musi; tramite l’assunzione di cibo, ad esempio un pezzo di carne di maiale infetto; tramite un veicolo esterno come possono essere i vestiti o le scarpe di un escursionista o di un cacciatore”.
Prima di arrivare nel Lazio, la peste suina è comparsa nel 2007 in Sardegna, nel gennaio 2022 è approdata tra Genova e Alessandria. “Il virus — spiega Guberti — è molto resistente e compie spessissimo questi salti. Non presenta mutazioni, in Italia, su 24 genotipi, è presente unicamente il genotipo 2, quindi è impossibile tracciarne la provenienza. Attualmente non esiste cura né vaccino”.
C’è anche un altro fattore che facilita il diffondersi della patologia. “Nel nostro Paese — chiosa l’epidemiologo — un esemplare infetto viene abbattuto. In certi paesi euroasiatici non sempre ciò accade, esemplari infetti vengono macellati e, dalla carne ai salumi, destinati alla vendita. Un salume infetto prodotto in questi paesi e consumato in Italia non crea problemi all’uomo, o agli animali domestici, ma se un pezzo di quel salume viene gettato in un cassonetto e mangiato da un cinghiale, fatalmente il cinghiale si ammalerà di peste suina”.
Intanto, l’assessore regionale alla Sanità, Alessio D’Amato, rende noto che “da primi riscontri su analisi dei prelievi effettuati sui cinghiali emergono con alta probabilità altri due casi di positività su 16 campioni prelevati. I casi sono riferiti alla stessa area del caso 0. Proseguono tutte le attività previste dall’ordinanza regionale e i campioni individuati verranno ora inviati all’istituto zooprofilattico di Perugia per la definitiva conferma”.