27 Luglio 2022 - 15:33 . Cronaca
La lettera: “Mio marito, al Santo Spirito per una crisi epilettica, non è più in grado di muoversi”. La Asl: “A disposizione della famiglia”
“Da settimane la mia famiglia sta vivendo un incubo: mio marito, ricoverato al Santo Spirito per una crisi epilettica, ora non è più in grado di muoversi, parlare e nutrirsi da solo”. Sono le parole con cui G.L. racconta, in una lettera inviata alla redazione di RomaH24, il calvario di suo marito all’Ospedale Santo Spirito in Sassia a Roma, dove era arrivato in seguito a una crisi epilettica lo scorso 27 maggio.
Contattata dalla nostra testata, la Asl Roma 1, che gestisce il presidio ospedaliero del Santo Spirito, spiega: “Tutti i bisogni assistenziali sono stati comunicati quotidianamente alla famiglia stessa (del paziente, ndr) e sono stati presi contatti anche con il medico curante ed il geriatra curante, proprio per condividere con i medici di fiducia il nostro operato”.
Pubblichiamo di seguito il testo integrale della lettera e la risposta della Asl.
LA LETTERA
Mio marito ha 66 anni e da quando ne aveva 17 soffre di epilessia. Per 12 anni non ha avuto crisi, tant’è che aveva interrotto le terapie. A gennaio 2021 si è riproposta la malattia ed il giorno dopo l’ho portato al policlinico Umberto I dove lo hanno trattenuto due notti per ristabilire la terapia. In questa occasione gli è stata riscontrata una forma, ad uno stato iniziale, di Alzheimer che lo rendeva solo un po’ più rallentato, con capacità cognitive di poco inferiori alla sua natura.
Per l’Alzheimer era in cura al Nuovo Regina Margherita dove aveva fatto tutti i controlli il giorno prima del fatto.
Veniamo ad oggi:
Il 27 maggio scorso dopo essere andato a fare la spesa e aver camminato a lungo in attesa che uscissi da lavoro, ha avuto una crisi epilettica e qualcuno ha chiamato l’autoambulanza. A niente sono servite le mie preghiere di non trasportarlo in ospedale e così lo hanno trasferito al Santo Spirito in Sassia (dove non c’è un reparto di neurologia). È arrivato al Pronto soccorso senza protesi mobili (denti) e quindi nell’incapacità di comunicare e probabilmente molto agitato per la situazione.
Ci hanno riferito che dall’elettroencefalogramma risultavano in atto crisi a grappolo (poi smentite) per le quali gli hanno quadruplicato le dosi degli antiepilettici e lo hanno sedato e contenuto h24 sulla lettiga.
Con mio figlio abbiamo chiesto di firmare per portarlo a casa (poche ore dopo la crisi epilettica il paziente torna come prima, solo un po’ stordito) ma ce lo hanno impedito sia per la forte sedazione sia per l’ingestibilità delle presunte crisi a grappolo.
Dopo 3 giorni trascorsi al Pronto soccorso lo hanno trasferito nel reparto di Breve Osservazione dove gli hanno riservato lo stesso trattamento (contenimento H24 e dosi di seroquel + 2000 di keppra + 2000 di donepezil).
Questo fino al 6 giugno, giorno in cui è stato trasferito al reparto di Medicina.
Arrivato al reparto ci hanno comunicato che aveva contratto la polmonite (presumibilmente ab ingestis) e che la condizione era a rischio vita.
In questo periodo, in cui ha contratto anche la klebsiella, ci hanno sconsigliato di portarlo a casa ma di trasferirlo in hospice e, dopo il mio rifiuto, hanno fatto richiesta per trasferirlo in RSA post acuzie.
L’11 luglio scorso doveva essere trasferito al policlinico Italia ma il giorno prima è subentrata la febbre causata da un’infezione di candida nel sangue e, dulcis in fundo, ha contratto anche il Clostridium.
Ad oggi mio marito è ancora ricoverato nel reparto di medicina che peraltro è diventato per metà Covid. Non è più in grado di coordinare gli arti, non riesce più a parlare e al letto non riesce a girarsi neanche sul fianco. Alimentato esclusivamente con flebo in vena praticamente da due mesi.
Il medico di famiglia non si spiega come sia stato possibile creare un danno neurologico irreversibile di questa entità.
La primaria del reparto ha testualmente affermato che lo shock che ha subìto ha fatto progredire l’Alzheimer di almeno 5 anni. Shock provocato dai giorni di contenzione e dal bombardamento di farmaci in quantità praticamente da sperimentazione con l’obiettivo di “bilanciare il dosaggio”.
Noi, fin da subito, abbiamo chiesto un trasferimento in altra struttura ma ci è stato detto che non è possibile, in alternativa vorremmo provare a gestirlo a casa ma tutti lo sconsigliano per la gravità.
Ho cercato di essere il più concisa possibile ma quello che stiamo vivendo io e mio figlio è doloroso e incomprensibile.
Si può diventare un vegetale, o morire, per una crisi epilettica?
(Lettera firmata)
LA RISPOSTA DELL’ASL ROMA 1
Ci teniamo ad esprimere la solidarietà e la vicinanza della Azienda e in particolare dell’équipe alla famiglia, che naturalmente invitiamo a contattarci per ogni elemento utile a chiarire la situazione complessa di un paziente così fragile.
Ci preme sottolineare che tutti i bisogni assistenziali sono stati comunicati quotidianamente alla famiglia stessa e sono stati presi contatti anche con il medico curante ed il geriatra curante, proprio per condividere con i medici di fiducia il nostro operato. Restiamo a disposizione.