6 Luglio 2022 - 16:29 . Cronaca
Pappatà: “Roma è maglia nera per la donazione di sangue: ora basta. Servono nuove strutture in ogni quartiere e valori condivisi”
Roma è maglia nera della donazione di sangue e plasma in Italia. Eppure la Capitale ha 2.8 milioni di abitanti, distribuiti in una quarantina di quartieri grandi come intere città. Se la media dei romani donatori fosse vicina a quel 30% che caratterizza molte altre realtà urbane, potrebbe fornire da sola un apporto consistente all’approvvigionamento di sangue e di plasma per l’intero Paese, verso l’obiettivo dell’autosufficienza. In questi giorni DonatoriH24 (testata edita da TypimediaH24 e dedicata al mondo del sangue) ha lanciato la campagna #DaMeaTe, proprio per sensibilizzare sull’importanza della donazione del plasma, indispensabile in alcuni interventi chirurgici salvavita. Sul tema si è espressa anche Claudia Pappatà, consigliera capitolina Pd e donatrice di sangue. Pubblichiamo il suo intervento per RomaH24.
di Claudia Pappatà
Roma è la capitale d’Italia con un’estensione territoriale e un numero di abitanti, 2,8 milioni, più elevato a livello nazionale. È suddivisa amministrativamente in 15 municipi, ognuno dei quali, per dati, tessuto urbano e particolarità, rappresenta un’intera città; all’interno di ogni municipio si differenziano i quartieri che con peculiari identità sociali e culturali caratterizzano ogni parte del territorio romano.
Nonostante la grandezza e il numero della popolazione, Roma rappresenta uno dei punti più dolenti della raccolta di sangue e plasma in Italia, come segnalato recentemente da DonatoriH24: “Se Roma donasse come le altre città del centro Italia, il Paese risolverebbe tutti i suoi problemi di autosufficienza”.
Non è sufficiente l’impegno di Roma nella donazione del sangue e del plasma sia rispetto al bisogno effettivo, che al significativo contributo che potrebbe dare a livello non solo locale, ma nazionale come Capitale d’Italia. È percepita troppo poco tra le persone l’importanza della donazione, scarsa è la conoscenza, tanti i pregiudizi e le paure rispetto a un bisogno sanitario essenziale che oltre ad essere un’esigenza vitale è anche un vantaggio per chi sceglie di donare. Per colmare questo deficit è necessario impostare una campagna che ribadisca l’importanza sanitaria e il valore sociale della donazione, ne spieghi i dettagli e i vantaggi personali e collettivi, ma soprattutto ripensare complessivamente la pianificazione della donazione a Roma.
La campagna di DonatoriH24 sta facendo emergere l’opportunità di un cambiamento strutturale nell’impostazione della donazione a Roma. Se è vero che Roma è la città più grande e popolosa d’Italia, è vero anche che per gestirla e favorire la prossimità e l’accessibilità ai servizi, bisogna tener conto dei singoli territori che la compongono e la distinguono, in linea con la visione amministrativa della città dei 15 minuti, intesa come base di un nuovo modello di sviluppo urbano, che mette al centro le persone, valorizzando la dimensione di comunità. Questo principio può essere esteso all’organizzazione della donazione del sangue e del plasma per rendere fruibili e facilmente accessibili i punti di donazione, attraverso la definizione di una rete territoriale diffusa.
Cambiare l’approccio, partire dalle caratteristiche dei singoli quartieri, ramificare le opportunità di donazione, è forse la chiave per abbattere quelle distanze fisiche e ideali e contribuire a generare un tessuto sociale consapevole e un senso di comunità che possa favorire la fidelizzazione dei donatori. Le istituzioni in questo giocano un ruolo fondamentale. Oltre alla competenza sanitaria della Regione Lazio, Roma Capitale può e deve essere promotrice sia di campagne di informazione e sensibilizzazione efficaci, non astratte e asettiche, ma calate nei territori e funzionali a far assumere responsabilità e consapevolezza da parte delle persone, che della strutturazione del servizio attraverso la messa a disposizione degli immobili e alla definizione di una rete che sia efficace e opportuna per trasformare Roma da punto debole a riferimento nazionale nella realizzazione dell’autosufficienza della raccolta del sangue e del plasma.