Flaminio-Parioli | Interventi
Stadio Flaminio alla Roma? Gli architetti di Roma Tre: “Diciamo sì, ma senza demolire”
di Gianluigi SpinaciIl nuovo stadio della Roma al Flaminio. Una possibilità concreta o un’utopia? In molti sperano che l’impianto sportivo simbolo del quartiere possa tornare ai fasti dei decenni scorsi e lasciarsi alle spalle la profonda condizione di degrado in cui si trova attualmente.
Speranze che ora tornano ad alimentarsi dopo le notizie del possibile abbandono da parte dei nuovi proprietari della Roma, gli americani Dan e Ryan Friedkin, del progetto dello stadio a Tor di Valle, con lo stadio Flaminio che sarebbe diventato uno dei luoghi favoriti dove investire per la costruzione del nuovo impianto giallorosso.
La redazione di RomaH24 ha intervistato i professori Francesco Careri e Fabrizio Finucci del Dipartimento di Architettura dell’Università Roma Tre per un parere sulla fattibilità di questo progetto e su eventuali alternative per il futuro dell’impianto progettato da Pier Luigi Nervi per le Olimpiadi del 1960.
Professori, il nuovo stadio della Roma può sorgere al posto dello stadio Flaminio?
Francesco Careri (di seguito C): Intanto va subito premesso che lo stadio Flaminio, per la cultura architettonica di Roma e per chi si occupa di storia dell’architettura in generale, è un monumento che ha lo stesso valore del Colosseo. Partendo da questa considerazione va esclusa qualsiasi possibilità di una demolizione. Tra l’altro parliamo di un bene vincolato. Sarebbe in assoluto una scelta sbagliata.
Fabrizio Finucci (di seguito F): Il vincolo è quello della Sovrintendenza; c’è poi una destinazione di piano regolatore che riconosce un’importanza formale di tipo architettonico e strutturale anche in relazione al quartiere. C’è poi un discorso che riguarda la proprietà intellettuale: esiste una fondazione che detiene dei diritti morali sull’opera relativamente a quella specifica conformazione. Parliamo di un’opera fondamentale del patrimonio architettonico romano, che non è solo quello antico ma anche quello moderno.
C: È come se qualcuno volesse demolire la Tour Eiffel e ricostruirla.
Nemmeno il Decreto semplificazione consentirebbe di superare questi vincoli?
F: Potrebbe superare il vincolo legale, ma poi c’è un problema legato alla conservazione.
C: Rimanendo in questo stato non farebbe altro che continuare a deteriorarsi. Per rispondere alle norme della Serie A e per ospitare incontri internazionali bisognerebbe senz’altro fare dei lavori di adeguamento sugli spalti e creare una copertura. Tutti interventi che possono certamente essere immaginati, magari bandendo un concorso internazionale e non con un semplice intervento edilizio. Il nostro non è un no secco alla possibilità di uno stadio della Roma al Flaminio: si può fare ma l’impianto non deve essere demolito.
Vista la presenza di una necropoli romana proprio in quest’area, è impensabile intervenire con degli scavi?
F: La questione in questo caso è quella dell’interpretazione dell’obiettivo dei vincoli. Qual è la salvaguardia di una necropoli? Farla restare tumulata per sempre e quindi goderne esclusivamente per il fatto di sapere che esista senza poterla vedere? Forse un utilizzo compatibile degli spazi interrati (per esempio un parcheggio sotterraneo), rendendo visitabile la necropoli, sarebbe una soluzione.
Poi c’è il tema delle infrastrutture
F: Se si pensa che il vecchio Flaminio aveva una capienza di 40mila posti e il progetto dello stadio della Roma ne prevede 45mila la capienza non cambia di molto. Non è solo la capienza dello stadio che incide sulla capacità di carico del territorio, ma anche quello che avviene tutto intorno. In quella zona ci sono altri due poli che necessitano di essere raggiunti e che potrebbero prevedere eventi in contemporanea. Parliamo dell’Auditorium e del Maxxi, con cui il progetto dello stadio deve necessariamente entrare in relazione. Certamente il Flaminio non è un territorio abbandonato ma in ogni caso necessiterebbe di un potenziamento dei mezzi di trasporto.
C: Si potrebbe innescare un progetto di infrastrutturazione dell’intera area, già pensato quando furono realizzati l’Auditorium e il Maxxi, inserendo nel piano anche il Ponte della Musica. Quando fu costruito il ponte, si scelse di sovradimensionarlo per farci passare un giorno il tram, collegando così Prati con il Flaminio e da lì alla linea tranviaria che passa su viale Tiziano. Questa è un’ipotesi che potrebbe riprendere piede nel caso si volesse realizzare lo stadio della Roma. Per quanto riguarda i parcheggi, ce ne sono già molti intorno all’Auditorium che sono oggi poco utilizzati. Questo tema è decisamente risolvibile. Altro discorso riguarda un’eventuale fermata della metro che in quell’area è impossibile.
Ma a parte lo stadio della Roma, è possibile immaginare un futuro diverso per il Flaminio?
F: Sicuramente il Flaminio rappresenta una ferita per tutta la città, che per essere rimarginata ha bisogno di ingenti capitali. Si è cercato di trovarli ma tutti gli investitori che si sono avvicinati hanno sempre abbandonato l’idea per uno squilibrio fra costi (legati prevalentemente a ristrutturazione e adeguamento) e i ricavi (generati dalla gestione). Io credo invece che con un grosso investimento, che riguardi anche l’adeguamento alle normative vigenti in tema di sicurezza, si possa trovare un modo per rientrare dei capitali spesi. Si tratta di trovare un compromesso. Per esempio si potrebbe trovare il modo per rendere il Flaminio un polo che ospiti gli sport popolari o gli sport ospitali. Si tratta di un altro tipo di operazione che però necessita di un intervento pubblico.
C: L’anno scorso abbiamo seguito una tesi sul Flaminio che definirei provocatoria: l’idea era di dedicarlo proprio allo sport sociale e all’ospitalità. Parliamo di persone che cercano una casa come i migranti ma anche di studenti fuori sede che non hanno un posto nelle residenze universitarie. L’ipotesi era quella di un albergo sociale che funzionasse insieme al calcio e al rugby sociale, in generale allo sport visto in un’altra prospettiva. Sarebbe il modo di conservare lo stadio lasciandolo aperto ma al servizio di finalità sociali.
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