Flaminio | Articoli

Stadio Flaminio: vi sveliamo quando e perché il tempio dello sport è finito in rovina

di Daniele Petroselli

Tribune di nuovo piene per un evento sportivo. È il sogno di tanti quello di uno stadio Flaminio di nuovo attivo, come lo è stato nei decenni scorsi. Speranze che ora tornano ad alimentarsi dopo la notizia del possibile abbandono da parte dei nuovi proprietari della Roma, gli americani Dan e Ryan Friedkin,  del progetto dell’impianto a Tor di Valle, con lo stadio Flaminio tra i luoghi dove investire per l’impianto di proprietà giallorosso.

Tutto iniziò con lo stadio Nazionale

Il primo impianto a sorgere in quel luogo fu lo stadio Nazionale, costruito sotto la guida di Marcello Piacentini su iniziativa di Luigi Lucchini, presidente dell’Istituto Nazionale per l’Educazione Fisica, ed inaugurato nel 1911. Un impianto per l’epoca molto affascinante, al cui interno furono posizionate piste per l’atletica e il ciclismo. Infatti lo Stadio Nazionale era destinato a far da cornice principalmente ad eventi di atletica leggera, ma venne presto abbandonato durante la Grande Guerra, senza mai essere stato completato secondo il progetto iniziale.

Il calcio divenne l’attrazione principale per l’impianto solo nel 1928 dopo pesanti lavori di ristrutturazione. Il primo incontro fu un’amichevole tra le Nazionali di Italia e Ungheria, terminato 4-3 per i padroni di casa. Tre anni dopo lo stadio divenne il campo di gioco della Lazio: la “prima” biancoceleste al nuovo stadio fu un derby contro la Roma, disputato il 24 maggio 1931 e terminato con il risultato di parità (2-2), a cui seguì una rissa finale che comportò la squalifica di un turno anche per Campo Testaccio.

Lo stadio Nazionale intorno agli anni Trenta, fonte Wikipedia

Dopo nuovi interventi, cambiò nome in Stadio Nazionale del Partito Nazionale Fascista. Il 22 aprile 1935 il primo assaggio con quello che sarebbe stato il suo futuro: il rugby. In campo per per la prima volta contro Italia e Francia, con i transalpini vittoriosi 44-6.

Dal 1940 anche la Roma cominciò ad utilizzare lo stadio PNF, e dopo una sola stagione, nel 1942 arrivò anche il primo scudetto. Lo stadio (nel frattempo tornato a chiamarsi stadio Nazionale e poi intitolato al Grande Torino scomparso a Superga) venne abbandonato da Lazio e Roma nel 1953 quando fu costruito il nuovo Stadio Olimpico. Nel luglio 1957 allora la decisione: addio al vecchio stadio e subito un nuovo progetto per le Olimpiadi di Roma 60.

Arriva il Flaminio

L’incarico di sostituire il vecchio stadio Nazionale fu affidato allo studio Nervi & Bartoli, di proprietà degli ingegneri Pier Luigi Nervi e Giovanni Bartoli, e il progetto designato fu quello di Antonio Nervi, figlio di Pier Luigi. I lavori iniziarono nel mese di luglio di quell’anno, e nel 1958 il Comune di Roma, proprietario della struttura, decise di nominarlo “Flaminio”, in onore dell’area che lo ospitava.

I tempi per la realizzazione furono molto veloci, tanto che già nel 1959, ad un anno esatto dai Giochi, ci fu l’inaugurazione. Qui giocarono le nazionali di calcio durante le Olimpiadi, con gli azzurri che però non riuscirono nell’impresa, giungendo quarti, battuti dalla Jugoslavia solo per una monetina (allora in caso di parità si ricorreva letteralmente al caso). Ma già dagli anni Settanta fu utilizzato dalla nazionale italiana di rugby e dalla Rugby Roma. La capienza iniziale di 40.000 spettatori fu ridotta a meno della metà nel rispetto delle norme di sicurezza e poi riportata a 30.000 a cura della Fir (Federazione Italiana Rugby).

La curva Sud del Flaminio occupata dai tifosi della Roma nella stagione 89/90

Nella stagione 89/90 però tornò ad essere il centro l’impianto per Roma e Lazio, visti i lavori allo stadio Olimpico per Italia ’90. Qui giocherà le sue gare interne anche la Lodigiani, la terza squadra della Capitale. Poi sarà quasi esclusivamente solo rugby.

Il rock e il rugby, l’ultimo amore

Non solo sport nel Flaminio. Negli anni l’impianti si è prestato, anche a essere utilizzato come sede di concerti, in particolare tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio dei Novanta. Memorabile la tappa del Joshua Tree Tour degli U2 nel 1987, con le cronache dell’epoca che parlarono di finestre tremanti come durante un terremoto nelle case circostanti. Ma di qui sono passati anche Duran Duran, Prince, David Bowie, Michael Jackson, Rolling Stones. Qui Claudio Baglioni poi nel 1985 realizzò l’ultimo concerto del suo tour Notti di note, nonché il primo concerto mandato in diretta Rai nella storia della discografia. 6 anni dopo, nel 1991 Baglioni tornò con il primo concerto della storia ad essere realizzato con un palco al centro, e dunque con il pubblico attorno come in una partita di calcio.

Ma è la palla ovale che ha trovato nello stadio Flaminio la sua casa. Nel 2000 divenne la sede elle partite degli azzurri nel Sei Nazioni, il torneo più antico del Continente. Storica la prima vittoria all’esordio contro i campioni in carica della Scozia.

Il Flaminio per 11 anni è stata la casa del rugby azzurro nel Sei Nazioni

Oltre alla Nazionale, in diverse occasioni divenne sede della finale di campionato: la prima volta dall’introduzione dei playoff fu nel 1988, quando Rovigo batté il Benetton Treviso 9-7. Nel 2000, il Flaminio fu teatro di una delle finali con la maggiore affluenza nella storia del playoff (15.000 spettatori) e che vide la Rugby Roma prevalere contro L’Aquila e vincere il suo quinto scudetto. Nel 2009 poi la Fir decise per la prima volta di unificare a Roma tutte le finali dei vari campionati (Super 10, Serie A, Femminile). Per un evento che sarebbe dovuto diventare un appuntamento fisso. E invece non fu così.

Lo stadio Flaminio ospitò anche gli incontri interni dell’Unione Rugby Capitolina nel periodo in cui questa militò in massima divisione (fino al 2009) e, per un breve periodo, anche gli incontri della squadra di football americano dei Marines Lazio. Qui tornò anche il calcio con l’Atletico Roma, che militava fino al 2011 in Lega Pro Prima Divisione (già serie C1). Già, fino al 2011, poi più nulla.

L’abbandono

Il rugby negli anni qui ha fatto la storia. Tanto da volerne fare ufficialmente la propria casa. La richiesta però del board del Sei Nazioni era chiara: aumentare la capienza dell’impianto a oltre 30mila posti. La capienza, negli anni ridotta a 20mila spettatori per adeguamento alle norme di sicurezza, risale grazie ad alcuni miglioramenti: furono infatti installate lungo la curva nord e la tribuna scoperta alcune gradinate aggiuntive sorrette da una struttura tubolare. Ma non basta. La Federazione Italiana Rugby vorrebbe riportare il Flaminio alla capienza originaria e provare ad aumentare anche i posti con strutture non più tubolari ma fisse.

Nel 2011 vennero anche ritrovati sotto la tribuna coperta dei reperti romani: fu questo il primo segnale d’allarme per i possibili lavori di ammodernamento e ampliamento. Il 12 marzo 2011 l’Italrugby vinse per la prima volta al Flaminio contro la Francia nel Sei Nazioni. Un 22-21 storico, per quello che doveva essere un arrivederci all’impianto in vista dei lavori. La Nazionale infatti traslocherà all’Olimpico nel 2012, ma in realtà quella partita fu l’ultima con gli spalti pieni al Flaminio. Il progetto di ampliamento venne bocciato dal Comune. I motivi? Il pregio architettonico dello stadio e i vincoli archeologici. Tanto che la Fir fu costretta ad abbandonare ogni progetto.

E così è iniziato il lento e inesorabile declino. Che ha portato anche all’addio delle numerose attività al suo interno. Sì perché tanto c’era anche nel cuore dello stadio: sotto le tribune infatti ci sono una piscina coperta per allenamenti, lunga 25 metri e larga 10 e cinque palestre per pugilato, ginnastica e atletica (compresa la scherma).  Una vita fatta di sport scorreva al suo interno, ma che è venuta a mancare anno dopo anno. E che ora spera. Di nuovo.

Questa e altre storie sorprendenti sul quartiere sono contenute nel libro “La Storia del Flaminio“, a cura di Sara Fabrizi, edito da Typimedia (208 pagine, 14,90 euro).

LA STORIA DEL FLAMINIO

LEGGI come acquistare La Storia del Flaminio

LEGGI la news sullo Stadio Flaminio come nuova ipotesi per l’impianto della Roma

LEGGI l’articolo sul via al Piano di Conservazione dello stadio Flaminio


Sostieni RomaH24 Sostieni RomaH24
grazie