Flaminio | La storia
Al Flaminio 97 anni fa il delitto che passò alla Storia: così fu ucciso Matteotti
Il delitto Matteotti e il punto di non ritorno per la democrazia. Il 10 giugno 1924 alle ore 16.30 il deputato socialista esce dalla sua abitazione in via Pisanelli 40 al Flaminio. Percorre il lungotevere Arnaldo da Brescia. È diretto a Montecitorio. Lo attende però un’auto con a bordo alcuni individui. Sono membri della polizia politica del partito fascista, capeggiati da Amerigo Dumini. Gli uomini lo attaccano, Giacomo Matteotti riesce a divincolarsi buttandone uno a terra ma l’intervento di un terzo lo stordisce colpendolo al volto con un pugno. Lo caricano a forza in macchina, una Lancia, e si allontanano rapidamente. Due ragazzini assistono alla scena.
Intanto all’interno della vettura scoppia una rissa furibonda e dall’abitacolo della vettura Matteotti riesce a gettare fuori il suo tesserino da parlamentare che verrà ritrovato più tardi da due contadini sul Ponte del Risorgimento. L’auto viaggia veloce, oltrepassa Ponte Milvio e si dirige verso la campagna romana. Matteotti sarà ucciso a coltellate e i suoi miseri resti verranno trovati nella macchia della Quartarella a Riano Flaminio.
Solo pochi giorni prima, il 30 maggio 1924 il deputato antifascista aveva contestato la validità delle elezioni nella Camera dei Deputati. Le accuse che il socialista muove agli uomini di Mussolini sono chiare: estorsione di voti. E il 10 giugno Matteotti, nel giorno del suo omicidio avrebbe dovuto presentare un nuovo discorso alla Camera dei deputati, in cui avrebbe rivelato le sue scoperte su uno scandalo finanziario che coinvolgeva anche Arnaldo Mussolini, fratello minore del Duce. Il corpo di Matteotti fu ritrovato circa due mesi dopo, dal brigadiere Ovidio Caratelli.
Inizialmente il duce si dice ignaro e manifesta il suo dolore, dichiarando di aver appreso la notizia solo a tarda serata, e accusando i partiti politici di opposizione della scomparsa del deputato. Solo il 3 gennaio 1925, di fronte alla Camera dei deputati, Benito Mussolini si assumerà pubblicamente la “responsabilità politica, morale e storica” del clima nel quale l’assassinio si era verificato.
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