Roma, 20 Aprile 2024 - 12:26

Il quartiere segreto

Ludovico Fulci

Ex docente del liceo Giulio Cesare, scrittore e saggista

24 Gennaio 2021

La ferrovia dietro via Livorno nella memoria di Lavinio Ricciardi

Un faccione di quelli simpatici, con un passato interessante fatto di monellerie nell’infanzia e di un onesto ma non troppo sofferto sforzo di assumersi in età adulta le responsabilità del caso. L’amicizia con Lavinio Ricciardi è nata e si è venuta consolidando ai tempi del covid. Per un certo periodo nostro abituale punto di incontro è stato un bar di piazza Verbano, poco distante dall’edicola dei giornali. Tutte le volte che l’ho incontrato aveva dei libri con sé. È infatti un lettore accanito, instancabile, al punto che credo non abbia mai lasciato un libro a metà.

Lo intervisto per chiedergli alcune cose circa il quartiere nel quale vive e ha vissuto gran parte della sua vita, ricchissima di ricordi, di volti, di amici, di persone conosciute. Ai tempi del liceo viveva nei dintorni di piazza Bologna, oggi vive non lontano da via Poggio Catino, la grande discesa che porta a piazza Santa Emerenziana e che ha avuto l’onore d’essere immortalata in una scena del Sorpasso di Dino Risi.

La chiesa di Santa Emerenziana

Da questa intervista penso di trarre spunto per un nuovo ciclo di contributi da dare al mio blog. Però questo Lavinio ancora non lo sa. Lo scoprirà leggendo queste righe. Ma ascoltiamo il suo racconto:

Sono sempre vissuto a Roma, fin dalla nascita. Nel primo periodo della mia vita ho abitato in Via Stamira, una strada che collegava due trasversali di Piazza Bologna, viale delle Provincie e via Livorno, descrivendo come un semicerchio. In prossimità di via Livorno, via Stamira sbucava su una piccola piazza, piazza Lotario, da cui proseguiva idealmente con via Giacomo Boni, che (sempre a semicerchio) terminava in viale XXI aprile“.

 È tipico del personaggio questa capacità di riferimenti topografici esatti e puntuali. Del resto chi parla è un fisico che ha dedicato una lunga parte della sua vita alla ricerca applicata, come si faceva ai tempi d’oro della Olivetti.

Piazza Lotario! Mentre mi scervello domandandomi a quale Lotario sia intitolata la piazzetta, Lavinio prosegue raccontandomi la sua storia.

Abitavo proprio nella zona prospiciente la piazzetta, al numero civico 4.  Conosco molto bene il quartiere, perché, in quegli anni – parlo degli anni dal 1941 al 1954 – proprio per gli effetti del dopo guerra, si camminava prevalentemente a piedi, oppure servendosi dei mezzi pubblici. Un ricordo speciale: la linea 52, servita da filobus, portava a San Pietro“.

Qui spontaneamente si abbandona ai ricordi della più tenera infanzia:

Ricordo, dei primi anni di vita (avrò avuto 4 anni), mio padre (in divisa grigio-verde come usava allora) che mi accompagnava e mi veniva a prendere all’asilo, vicino al suo ufficio (in via Stevenson). Andavo all’asilo dalle suore tedesche, in un convento con ingresso su viale XXI aprile. Si chiamava (e si chiama tuttora) “Villa Paolina di Malinkrönt”, ed ero costretto, al commiato, a salutare la monaca che ci accompagnava alla porta con l’arrivederci in tedesco “Auf Wiedersehen”). In viale XXI Aprile c’era già la caserma della guardia di finanza, rimasta fino ai nostri tempi, di dimensioni monumentali. Credo che ospiti vari reparti, tra i quali il Comando Generale.

Una delle abitudini che ricordo era il fatto di andare, con la mia tata Sestilia, a raccogliere i cicorioni che crescevano sulla scarpata prospiciente alla ferrovia, in fondo a via Livorno. A quei tempi c’era un enorme prato sterrato che correva lungo tutta la ferrovia, e l’unico palazzo presente era la Casa dei Ferrovieri, cui oggi si accede dalla sopraelevata. Tutte le case e le vie che c’erano attorno erano prati. Siamo negli anni ’40 – ’42. In quella casa ho vissuto dalla nascita al 1953-54, ad eccezione del periodo della guerra: settembre 1942-giugno 1944, trascorso in Casentino, a Subbiano mio paese natale“.

A questo punto lo fermo perché sono tante le domande che ho da fargli.

La prima è se abbia mai visto passare un treno sul luogo in cui andava a raccogliere, come tanti altri bimbetti d’allora fra cui Corrado Augias, i cicorioni.

La seconda domanda è se abbia assistito al lento e graduale nascere degli edifici sorti attorno alla Casa dei Ferrovieri.

augias villa ada
Lo scrittore e giornalista Corrado Augias

Mi risponde:

“Di convogli ferroviari, come allora si diceva, ne vedevo passare anche quando raccoglievo i cicorioni. Più tardi, colpito dalla pubblicità che veniva fatta ad un nuovo treno, il Settebello, antenato degli attuali Freccia Rossa e Italo, ma per quei tempi vero e proprio evento – avevo già quindici anni e possedevo una macchina fotografica, la Ferrania Rondine, di cui ho ancora due esemplari funzionanti – mi appostai presso lo stesso campo dei cicorioni e riuscii a fotografarlo (cosa non facile data la macchina, priva di qualsiasi regolazione). Non ho trovato la foto del Settebello, ma ne ho una dello stesso posto ove sono con mia madre. Si vede la cosiddetta cabina di distribuzione che esiste ancora”.

Foto del prato che era in fondo a via Livorno (settembre 1952)

Si capisce che c’è un po’ di commozione suggerita anche dalla foto che mi porge in segno di amicizia e che è qui riprodotta, un pezzo di storia privata che esce fuori da qualche cassetto dove gelosamente custodiamo cimeli della nostra vita affettiva. È inutile dire quanto di questo gesto gli sia grato.

Sul secondo punto ritrova un po’ del distacco tipico dell’uomo di scienza che ragiona in termini professionali del progresso tecnico, scientifico e urbanistico:

Ho potuto assistere al lento e graduale nascere del quartiere che oggi gravita a ridosso della nuova Stazione Tiburtina, inclusa la sopraelevata (anni ‘60), oggetto di contestazioni all’epoca della sua inaugurazione per i rumori che tormentavano gli abitanti delle case addossate al corpo dei viadotti urbani che la compongono, prima del suo sbocco in via Prenestina.

Ho notato con molta sorpresa come si sia sviluppata, proprio attorno alla soprelevata, una serie di strade e stradine che la raccordano al quartiere di piazza Bologna, in particolare a via Apuania (dove abitava un mio compagni di scuola elementare, Enrico Roffi), e a via Lorenzo il Magnifico. Altri collegamenti della soprelevata sono con piazzale delle Province, e con le adiacenze del campo Artiglio, il nostro stadio (o meglio, campo di calcio) del quartiere. Il campo Artiglio l’ho conosciuto durante le scuole medie. Il “saggio ginnico”, cioè l’esame di ginnastica della licenza media, ci è stato fatto fare al campo Artiglio.

Ometto di dire degli scambi di mail che hanno reso possibile la realizzazione di questo mio articolo. La cosa è implicita. Ma tengo a dire che nel salutare Lavinio, gli ho dato un appuntamento perché questa mia intervista continua. Avrà altre cose da raccontare.

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