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Quando le donne reagiscono alla violenza, alla Libreria Eli il primo incontro di “Cortocircuito”

di Daniele Magrini

Violenza, sopraffazione e delitto d’onore: il femminicidio è la punta più grave di un fenomeno gravissimo. Educare il maschio, fare più prevenzione, inasprire le leggi: d’accordo. Ma che succede se le donne imparano a rispondere colpo su colpo e cominciano a reagire? È stato il tema del primo di cinque incontri di “Cortocircuito: la verità ha molte facce” la rassegna organizzata da RomaH24 alla Libreria Eli di viale Somalia a Roma, che una volta al mese, fino a giugno, analizzerà un tema d’attualità a partire da un libro.

Il primo appuntamento si è svolto giovedì 17 febbraio, il volume: “C’era una volta e c’è ancora il delitto d’onoreNei tempi e nei luoghi della storia e dell’arte” (La Caravella Editrice) di Marianna Loredana Sorrentino. Ne ha parlato con l’autrice Vincenzo Fenili, esperto di sicurezza ed ex agente sotto copertura. A condurre Luigi Carletti direttore di RomaH24, con Giulia Argenti, coordinatrice della testata.

L’iniziativa é stata anche l’occasione per mostrare in anteprima il nuovo sito Tiburtino-San Lorenzo che va ad arricchire l’offerta di RomaH24, articolata nei sei siti territoriali e nel portale Metropoli. Tonia Parlato, della Libreria Eli, ha introdotto l’incontro sottolineando che la sinergia con RomaH24 é ormai collaudata e in virtù di questo sodalizio culturale gli eventi legati ai libri diventano un veicolo di dialogo e di sensibilizzazione alla diffusione di temi di forte valenza sociale, quale quello legato al libro di Marianna Loredana Sorrentino: “Non assuefarsi alla violenza sulla donna e neppure all’informazione sui fatti di violenza contro genere, sull’escalation dei femminicidi è importante in tempi come quelli che viviamo”, ha sottolineato Tonia Parlato.

Carletti ha poi introdotto il libro di Sorrentino, sottolineando che “l’autrice è una ‘sbirra’, ma è anche una scrittrice, un’artista della parola che sa affrontare con il metodo della saggistica i temi della contemporaneità – ha detto –. Vincenzo Fenili, alias Kasper nella sua attività di agente sotto copertura, ha organizzato corsi di difesa personale e il suo contributo all’incontro sta proprio nell’offrire una testimonianza sull’atteggiamento delle donne quando prendono coscienza di sé. Infine, Annalisa Vulpiani, in qualità di testimone e partecipante ai corsi di Fenili, racconterà la propria esperienza”.

Giulia Argenti ha illustrato i numeri, drammatici, dei femminicidi, 118 nel 2021, cioè il 40% degli omicidi in Italia: “Il lockdown — ha aggiunto Argenti — ha peggiorato la situazione con quasi 16.000 denunce per violenze tra le mura domestiche”.

Una condizione, quella delle donne, che affonda le radici in secoli di storia, cultura e religione, che hanno relegato la donna “in una posizione gregaria, in cui ci troviamo ancora oggi — ha sottolineato l’autrice del libro —. Resta difficile ancora esporsi su questi temi, ma una certa forma di gregariato femminile viene da lontano. Ci sono 7.000 anni di storia che incombono sulla cultura delle donne.”

Giulia Argenti ha ricordato che talvolta c’é una forma di colpevolizzazione nei confronti delle donne vittime di violenza, che in inglese si chiama “victim blaming”. E invece non c’è alcun alibi alla violenza, come ha sottolineato Sorrentino: “Purtroppo, anche in famiglia c’è differenza tra figli maschi e figlie femmine. Siamo ancora le principesse da salvare”. Luigi Carletti ha invitato poi Fenili a spiegare come sia nata l’idea dei corsi di autodifesa, “tra l’altro — ha sottolineato il direttore di RomaH24 — a titolo completamente gratuito”.

Questa la risposta di Fenili: “La mia riflessione è nata proprio dalla constatazione di questa sottomissione storica che è stato così ben argomentata nel libro della Sorrentino. Ma non potevo certo limitarmi a metodologie di mosse di difesa. No, il mio intento era quello di partire dal cervello delle donne, dalla loro razionale riflessione come miccia per reagire alla sopraffazione”.

Una delle mission principali dei corsi di Vincenzo Fenili, è innescare un meccanismo nella testa delle donne, che le spinga a ribellarsi e a reagire alla violenza: “Nei miei moduli non parto certo dalla preparazione fisica delle donne — ha spiegato — o dalla loro abilità nel rispondere con la forza ai tentativi di violenza. Cerco invece di sfatare i miti della gracilità delle donne, della loro convinzione di sentirsi fisicamente inferiori agli uomini. Le risorse mentali stanno dentro la testa e l’anima delle donne e parlarne aiuta a trovare questa consapevolezza. La stessa tendenza a essere sorridenti e cordiali che è propria delle donne, va superata. Anche le donne devono superare il sorriso e fare la faccia cattiva“.

È  venuto poi il momento della testimonianza di Annalisa Vulpiani. Una donna che ha vissuto sulla propria pelle la violenza da parte di chi diceva di amarla, e ha saputo reagire e riprendersi la sua vita: “A 18 anni — ha ricordato — si cerca di porsi con gentilezza, sorridendo. E invece il mio primo amore è stato il mio primo carnefice, artefice di una violenza psicologica che resta indelebile per tanti anni. Ne sono uscita, ma il carattere è fondamentale per trovare dentro di noi la reattività, la dignità che dà la forza per non lasciarsi schiacciare. Nel momento in cui ho subito la violenza fisica, quella è stata la molla per tirarmi fuori da quella situazione, che altrimenti mi avrebbe portata alla morte. Nel lavoro opero nel dipartimento di emergenza dell’ospedale ed è una situazione che abitua ad essere lucidi nel momento del pericolo. È la stessa cosa che emerge nei corsi di Fenili: essere lucidi, reagire con tempestività ed efficacia alle situazioni peggiori. Lo faccio nel lavoro. Lo faccio da donna nella vita. Questi corsi sono diventati un’abitudine positiva, un allenamento a stare bene”.

Ma un vero cambiamento si deve innescare partendo dalle famiglie e dal modo in cui educano i figli:  “Il problema di fondo — ha ripreso Marianna Loredana Sorrentino — è la netta separazione tra uomo e donna che si deve proprio alla religione. Un retaggio culturale che si è consolidato nella storia e che arriva fino ai giorni nostri determinando condizionamenti, tabù e distorsioni nei rapporti dentro le famiglie. Invece dovremmo essere capaci di accettare la parte femminile e quella maschile che è dentro ogni persona. Le scuole potrebbero svolgere un ruolo importante, alleggerendo nei bambini il tema della diversità di genere, che si esprime perfino con i colori adatti alle femminucce e quelli adatti ai maschietti”.

Per Vincenzo Fenili “è importante che le donne abbandonino la propria sensazione di inadeguatezza. Ma poi devono essere anche capaci di leggere lo spazio intorno, capire quando qualcuno si introduce forzatamente dentro quello spazio e individuare le vie di fuga. Trovare la capacità di arrabbiarsi di fronte a irruzioni nel proprio spazio”.

E Giulia Argenti ha aggiunto: “Difficile comprendere i segnali quando questi emergano da una situazione familiare o comunque nell’ambito di una relazione affettiva. Chi si ama, all’improvviso diventa un nemico ed è davvero difficile comprendere quando la soglia della tensione viene superata e si entra nella zona di pericolo”.

E Sorrentino ha aggiunto: “Attenzione anche alle dipendenze che non appaiono come violenza o sopraffazione fisica. Pensiamo alla dipendenza dalle risorse economiche del marito. Accettare quella sottomissione economica senza autonomia, significa predisporsi a una violenza ancora più subdola”.

E per quanto riguarda le leggi? Sono sufficienti per tutelare le donne o c’è ancora del lavoro da fare? Ha risposto Sorrentino: “Molto è stato fatto sul fronte della tutela, sia delle donne che dei figli delle vittime di femminicidio. Il problema, poi, è che non è facile per tutte le donne denunciare, soprattutto perché si tratta di denunciare il proprio marito, fidanzato, padre. Mettiamoci nei loro panni. Per superare la paura fisica, ma anche alla fine di un rapporto, le donne hanno bisogno di una maggiore protezione dallo Stato”.

E Carletti ha aggiunto: “Non bisogna dimenticare, purtroppo, quelle donne che avevano denunciato e sono state uccise. Quelle donne che lo Stato non è riuscito a proteggere e che sono state lasciate in balia dei loro carnefici“.

Molte le domande e gli interventi dal pubblico, soprattutto da parte di ragazze che, alla luce di questo dibattito hanno colto l’occasione per acquisire maggiore consapevolezza di un problema che non dovrebbe appartenere alla contemporaneità di una società civile. In chiusura sono arrivati anche i saluti del titolare della Eli, Marcello Ciccaglioni: “La violenza sulle donne è anche un problema di cultura e di educazione alla convivenza in armonia. E la scuola può contribuire a far sì che le possano vivere con il sorriso. Lontane dalla violenza”.

Ha chiuso Marianna Loredana Sorrentino, leggendo un testo di Stefano Bartezzaghi in cui la differenza di genere di alcuni vocaboli provoca interpretazioni sempre negative al femminile: “Uno squillo, al maschile, va bene ma una squillo è invece una donna che fa quel mestiere. Zoccolo e z*****a, altro esempio. E tanti altri ce ne potrebbero essere”.

LEGGI: Violenza sulle donne: come e perché si può reagire con efficacia (di Vincenzo Fenili)

LEGGI: “Cortocircuito”, parola alla libraia: “Perché è necessario parlare della violenza sulle donne”

LEGGI: L’intervista a Marianna Loredana Sorrentino

LEGGI: L’intervista ad Annalisa Vulpiani

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