8 Dicembre 2019 - 9:07 . Trieste-Salario . EXTRANEWS
Uno storico custode di Villa Leopardi racconta i segreti e gli aneddoti che il parco del nostro quartiere nasconde
“Ho vissuto a Villa Leopardi quando ero un bambino. Ci passai tre anni e mezzo e ora vi racconterò com’era”. Sono le parole con cui il dottor Daniele Campo, sabato 22 giugno, ha introdotto il suo tour del parco a margine della festa interculturale organizzata dagli Amici di Villa Leopardi. Ad accompagnarlo in giro per i vialetti, alcuni visitatori che sono rimasti rapiti dai racconti dell’uomo: “Arrivai qui nel settembre 1966. I miei genitori mi avevano affidato alla famiglia del custode. All’epoca l’area era privata e apparteneva ai Leopardi, fu espropriata soltanto negli anni Settanta. In casa però non avevamo l’acqua e per farci la doccia andavamo fino a piazza della Repubblica, alla Casa del Passeggero”.
Parla con candore Daniele, classe 1961, che oggi è medico tricologo e vive a Talenti. Negli occhi porta ancora le immagini della sua infanzia, che ben trasmette ai presenti. “Dove ora sorge il centro anziani, prima c’era un maneggio gestito da Francesco Truffa, originario di Paliano. Lavorava come stalliere per il principe Colonna che ogni anno, al suo compleanno, veniva qui a fargli visita. Era un ‘ragazzo’ del 1899 e aveva combattuto sul fronte della Grande Guerra. Era stato anche insignito del titolo di Cavaliere di Vittorio Veneto, ma nessuno ne conosceva la storia. Un altro che si faceva chiamare ‘cavaliere’ ma in realtà non lo era, era il Sor Quinto che all’interno dell’area aveva in cura due pony e quattro somarelli. Per guadagnarsi da vivere portava i bambini col suo carretto tirato dagli animali fino a parco Nemorense”.
Com’era l’aspetto della villa in quegli anni? “Era tutta un cespuglio – sorride Daniele – i miei passatempi erano giocare coi cavalli e un pastore alsaziano di nome Diana; e poi girare in bicicletta e mangiare pinoli”. Per immaginarsi quegli anni serve un grande sforzo, ma il quadro dipinto è davvero suggestivo: “Dove ora c’è la biblioteca, aveva l’officina il fabbro Michele. Al posto dell’area giochi c’era un deposito per le roulotte. Mentre al piano di sotto della casa del custode si trovava un laboratorio per la riparazione delle barche dal quale usciva odore di solventi. Gli zii, come li chiamavo io, avevano un orto e un pollaio e spesso in tavola si mangiava il piccione, vera specialità della casa. Il bagno era una latrina all’esterno, dove si andava alla turca. Poi c’era una palazzina, dove ora stanno i vigili, che all’epoca si chiamava hotel Erice. Era in stato di decadenza, una sorta di albergo a ore che poi venne abbandonato e fu a lungo una terra di vagabondi”.
Cammina lentamente Daniele, accompagnato dal figlio e da visitatori meravigliati: “Per me questo è un luogo sacro. Fortunatamente ora c’è l’associazione Amici di Villa Leopardi che se ne occupa. Un vero dono per tutti gli amanti di questa zona”.
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