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La minisindaca uscente del I Municipio, Alfonsi: “Vi racconto i miei otto anni da presidente”

di Sergio Campofiorito

Sabrina Alfonsi è pronta al trasloco. Elettori permettendo, dopo il 3 e 4 ottobre, gli scatoloni si sposteranno di poco: dalla sede del I Municipio di via Petroselli a quella del Comune di piazza del Campidoglio la distanza è modica, almeno quella geografica. Ad aumentare sono le responsabilità.

Figura storica del I Municipio, la dem è in giunta dal 2006 quando ha ricoperto il ruolo di assessore alle politiche Scolastiche. Nel biennio 2008/09 è stata vicepresidente del consiglio, la presidenza è arrivata in seguito alle elezioni del giugno 2013 (33.877 preferenze), quando gli ex Municipi Centro e XVII sono stati accorpati nel I Municipio. Il mandato bis risale al giugno 2016 grazie ai 31.656 voti incassati al secondo turno di ballottaggio.

Oggi corre per diventare consigliera del Pd nella coalizione a sostegno del candidato sindaco di centrosinistra, Roberto Gualtieri.

Presidente Alfonsi, come sono stati questi otto anni da minisindaca, è possibile raccoglierli in un breve bilancio?

Sono stati otto anni complicati, molto impegnativi, però siamo soddisfatti. Dico “siamo” perché è stato un lavoro corale, di squadra, con la giunta e col consiglio, con i quali abbiamo cercato anche di dare risposte oltre le competenze municipali. Abbiamo capito che importante in questa città è avere una visione e progettare il cambiamento, con i progetti pronti è anche possibile aumentare le finanze a disposizione. La dimostrazione è stata l’edilizia scolastica: in bilancio avevamo 700mila euro, lasciamo un Municipio che ha speso 11 milioni di euro perché abbiamo avuto una progettualità. Ogni volta che c’erano opportunità con i bandi regionali, europei, governativi, ma anche comunali che non venivano spesi per incapacità, noi riuscivamo a sfruttarli perché avevamo idee pronte. Abbiamo fatto un grande esperimento che sta andando bene, di riqualificare un edificio scolastico (l’Alberto Cadlolo di via della Rondinella, ndr) attraverso un project financing tra pubblico e privato, cosa che non aveva mai fatto un municipio capitolino. Queste pratiche si possono estendere a tutta la città: è l’eredità che porto a Roma.

Progetto è spesso sinonimo di burocrazia

La burocrazia ahimè c’è. Noi dobbiamo, con i fondi europei, investire sulla digitalizzazione di tutta la macchina capitolina. Perché lì c’è un tema di ridondanza burocratica, non avendo i sistemi centralizzati e informatizzati si crea un danno, sia di tempo, sia economico a chi deve produrre un documento. Il danno è però anche per gli amministratori che devono elaborarlo. Uno dei capitolati del Piano nazionale di resistenza e resilienza riguarda proprio la digitalizzazione, è un’opportunità da sfruttare.

Guardandosi indietro, ha un rimpianto su qualcosa che non è riuscita a fare?

Sì, ho il rimpianto di essere intervenuta poco sull’accessibilità della città. Avendo scarsi fondi per le strade e non potendo reperirli sotto altre voci, ci siamo occupati più che altro delle strade e poco dei marciapiedi. Non siamo riusciti ad abbattere le barriere architettoniche sui marciapiedi anche quando ci è stato chiesto, questo è un tema dal quale non si può più prescindere.

Pochi fondi per i Municipi ci riportano all’annoso problema della governance e del decentramento amministrativo. Nell’eventualità in cui la sua coalizione venisse premiata dal voto popolare, qual è il programma dei primi cento giorni?

Nel programma di Gualtieri, e anche nel mio, vogliamo portare in assemblea capitolina la voce dei Municipi. Questa città si può governare solo se il sindaco diventa il sindaco dell’area metropolitana e il Campidoglio si occupa dei grandi temi come il ciclo dei rifiuti, le municipalizzate, i trasporti. Ci sono migliaia di cittadini che vivono fuori dal raccordo anulare che vengono verso il centro per lavorare, noi a questi cittadini sottraiamo due-tre ore di vita al giorno solo per lo spostamento. Questi sono temi da Campidoglio. Il territorio, invece, deve dare i servizi di prossimità e molto spesso è più facile che il territorio offra direttamente i servizi e non che si metta a chiedere agli altri enti che cosa deve fare. Lo spazzamento delle strade, ad esempio, non può essere gestito oltre il Municipio. Oggi il Municipio è però paradossalmente lontano perché abbiamo Municipi che sono medie città italiane, ci vorrebbero i Municipi dentro ai Municipi. Tra le prime tre delibere dei primi cento giorni, una sarà sicuramente quella della revisione del decentramento amministrativo, del potere e delle competenze, e con Gualtieri siamo concordi che deve essere scritta in concomitanza con una legge di bilancio perché se uno dà poteri e non dà risorse economiche e umane è solo un modo per lavarsi la coscienza.

Cosa le chiedono i cittadini durante gli incontri elettorali?

Tutti mi chiedono di liberare la città dai rifiuti e di ripulire le strade. Sono temi che tagliano trasversalmente la Capitale, dal centro alle periferie. Le persone un po’ si vergognano di essere cittadini romani in questa città così abbandonata.

Tra fondi europei e Giubileo del 2025, la Capitale assorbirà una pioggia di milioni proprio in concomitanza col prossimo mandato: quali sono le priorità?

Uno dei motivi per cui bisogna votare Roberto Gualtieri è perché ha disegnato questi fondi e quindi è il candidato che sicuramente riesce a farli arrivare a Roma e riesce a spenderli nel migliore dei modi. I fondi si possono spendere in tre modi: il primo è quello di fare dei microprogetti che magari danno una boccata di ossigeno a chi li gestisce ma non lasciano un segno profondo. Il secondo è invece quello di fare progetti, quindi utilizzarli per dare un segno diverso e per creare le infrastrutture che non sono solo quelle di mobilità e ciclo dei rifiuti, ma anche infrastrutture sociali. Dobbiamo creare centri di accoglienza, centri anti-violenza, case delle donne. Non dimentichiamo anche che abbiamo un grande patrimonio, attraverso questi fondi dobbiamo riqualificarlo. Il terzo modo di utilizzare questi fondi è quello che non deve accadere, bisogna stare attenti a non farli arrivare nelle mani della criminalità. Per questo dobbiamo essere assolutamente trasparenti e attenti, soprattutto alle zone grigie che sono quelle più pericolose.

Come giudica l’amministrazione Raggi?

Purtroppo l’amministrazione Raggi l’ho vissuta da vicino: è stata per noi inesistente. La sindaca non si è mai seduta a un tavolo per risolvere i problemi della città ma piuttosto è scappata dai tavoli e ci è stata anche da ostacolo. Prendiamo per esempio i rifiuti: la Raggi non si è mai seduta al tavolo della Regione per risolvere il problema.

Tra le sue eredità di minisindaca c’è il “Patto di Comunità”, un’intesa tra Municipio e realtà del territorio per sostenere le persone più fragili durante l’emergenza pandemica. Oggi il Patto di Comunità è anche il titolo di un libro.

L’ho scritto per due motivi: il primo è che spesso la politica non fa la “restituzione”: i politici raccontano quelle che faranno, difficilmente si sente qualcuno che racconta quello che ha fatto. Il libro parla quindi del mio impegno durante gli ultimi anni. Il secondo motivo è che penso che le buone pratiche bisogna diffonderle. In questi otto anni ho preso buone pratiche da altre amministrazioni e le ho messe in atto, se c’è una buona pratica nel I Municipio è giusto raccontarla e metterla a disposizione degli amministratori che verranno.


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