Flaminio | Contributi

“Io, malata di Covid, così non ho potuto evitare una multa”

Sabrina Cupi

Pubblichiamo questo contributo inviatoci dalla nostra lettrice Sabina Cupi giunto alla nostra redazione il 10 novembre.

Buonasera redazione,

Sono una cittadina, un’abitante romana del quartiere Flaminio e vi racconto una cosa.

Ecco, mi sento male, devo avere la febbre alta. Devo tornare a casa. Speriamo non sia quello. È venerdì e non riesco a parcheggiare. È venerdì, e come per le partite, il mercatino blocca tutti i posti, leciti e non leciti, del Flaminio.

E tu, che ci abiti, sei obbligato a parcheggiare in mezzo alla strada. Poi loro se ne vanno e tu resti come un cretino. In mezzo alla strada, magari sulle strisce. Tanto le multe non le fanno, c’è il mercatino.

La febbre è forte, parcheggio sotto casa, in via Rabirio. Male. Vanno via tutti e la macchina resta un po’ in mezzo. Ma non posso scendere a sistemarla, la febbre è alta. È il Covid, alla fine.

Ho paura che mi succeda qualcosa e sono sola con un bambino piccolo, risultato positivo anche lui. Siamo soli, intrappolati in casa. Mio marito, militare, in missione in Libano. E la macchina è parcheggiata male.

Passa qualche giorno. La febbre è alta e io non posso muovermi. Non posso uscire, non posso scendere. La macchina è qui sotto, parcheggiata male. Vorrei chiamare un vicino per farla spostare, ma ho paura di metterlo in difficoltà: quanto è che resta il virus sulle superfici interne dell’auto? No, non voglio mettere in difficoltà nessuno.

Stasera arrivano i vigili e il carro attrezzi. Mi chiama la vicina: “Corri, corri, vogliono portarti via la macchina”. Mi affaccio, la macchina è lì, i vigili pure, il carro attrezzi sta parcheggiando. Io sono solo al primo piano e la scena è a pochissimi metri da me.

Chiamo i vigili, la vigilessa strilla: “Sono giorni che sta così questa macchina”. E io: “Lo so la prego, non la faccia agganciare, la prego, non potevo spostarla, la prego, aspetti a procedere”, spiego, “ho il Covid”.

Ho parcheggiato durante il mercatino quando è consentita una vergogna di parcheggi, e non ho più potuto spostarla. Non posso muovermi, sto male, supplico, ma l’autista del carro attrezzi non si ferma, la aggancia e poi dice: “Ora per sganciarla sono 130 euro“.

Butto i soldi alla vicina dalla finestra, mettendoli in una busta con i guanti. La sganciano. I vigili consegnano una multa: “Se la paga subito sono solo 70 euro“.

Duecento euro, in un secondo, davanti ai miei occhi, e devo ringraziare che me l’hanno sganciata. I vigili accennano un “mi dispiace“. Mi sento rapinata.

Cioè, lo so, ho torto, la macchina è parcheggiata male. Ma io mi sento rapinata lo stesso. E impotente. E la voce stizzita della vigilessa che dice: “È da giorni che la macchina è messa male! L’avevo pure già multata!”. Quasi come se qualcuno avesse voluto farle un dispetto personale. E io continuo a sentirmi rapinata.

Ecco, in un mondo ideale, ideale certo, mi sarebbe piaciuto che qualcuno cercasse di scoprire perché quella macchina era messa male. Forse qualcuno aveva bisogno di aiuto. Invece gli abbiamo portato via 200 euro. In un secondo. In questa situazione.

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