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Il climatologo: “Ecco il nesso tra il clima e la morte dei pini”

di Sergio Campofiorito

C’è un insetto che sta divorando inesorabilmente i pini del nostro quartiere, è la cocciniglia tartaruga, una specie aliena proveniente dall’America del Nord. La cocciniglia si nutre della linfa degli alberi e al contempo rilascia una sostanza zuccherina che soffoca le foglie e rende impossibile la fotosintesi.

Tra i motivi per cui la cocciniglia si sta espandendo rapidamente nel Belpaese, ci sono le condizioni meteo favorevoli. Gli sconvolgimenti climatici che investono il globo non risparmiano le regioni mediterranee, causando un innaturale innalzamento delle temperature che facilita l’insediamento delle specie aliene.

«Siamo ancora in tempo per fermare il trend, anche se ne resta sempre meno – ammonisce Teodoro Georgiadis, 64 anni, ricercatore dell’Istituto di bioeconomia a Bologna e uno dei massimi esperti di climatologia urbana – l’Intergovernmental panel on climate change (Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici, ndr) ha stilato un rapporto secondo il quale nei prossimi anni vada limitato il riscaldamento globale a 1,5 gradi centigradi, tramite cambiamenti rapidi, lungimiranti e senza precedenti in tutti gli aspetti della società. La missione è quella di mitigare e ridurre le emissioni di anidride carbonica, principale causa del surriscaldamento».

L’allarme è evidenziato dai numeri: «Le tabelle indicano chiaramente che le aree di alta pressione, dalle quali si formano le ondate di calore, sono sempre più intense; inoltre, a parità di pioggia caduta, diminuiscono i giorni in cui piove, ciò si traduce in precipitazioni più sporadiche e violente».

Come incidono i cambiamenti climatici sulle specie animali? «Non sono un biologo – chiosa Georgiadis – ma c’è una sicura correlazione tra clima e habitat che condiziona il comportamento biologico delle specie».
Renato Sartini, 49 anni, giornalista e divulgatore scientifico, è stato tra i primi a lanciare l’allarme cocciniglia a Roma. Tramite osservazioni dirette e confronto con gli esperti, ha potuto notare come il meteo influenzi il parassita: «Nella metà del maggio scorso, quando ha piovuto quasi ininterrottamente, abbiamo osservato un importante calo della loro attività a testimonianza di quanto il clima condizioni il suo ciclo biologico».

Forse per i pini romani è già troppo tardi: «Purtroppo sono troppo sensibili al cambiamento climatico, anche a causa dell’urbanizzazione. Le radici, circoscritte dal cemento, non possono irradiarsi per garantire la stabilità dell’albero. Giornate di vento intenso, parassiti e precipitazioni rendono il pino non più adatto a Roma, bisogna trovare un nuovo albero per la città. Anche perché tra pochi anni saranno soltanto un ricordo».

Quella battaglia persa dalla Campania per salvare i suoi alberi

Per intuire cosa potrebbe essere tra pochi anni il paesaggio urbanistico romano, basta guardare oggi ai promontori più famosi della Campania. Napoli, Ischia e Posillipo hanno tutte un prima e un dopo. La Regione, nel 2014, è stata la prima casa italiana della Toumeyella parvicornis.

Il parassita, proveniente dalle Americhe probabilmente trasportato da qualche cargo, ha subito attecchito per il clima favorevole e per la densa presenza del suo nutrimento preferito: il pino domestico. La Regione, tramite misure fitoterapiche, ha provato a contenere il contagio ma nel giro di qualche anno ha dovuto alzare bandiera bianca.

Il sistema di contenimento tentato dai tecnici partiva dal monitoraggio del patrimonio arboreo tramite ispezioni sistematiche, i dati venivano riportati in tempo reale su un programma che permetteva di analizzare l’evoluzione dell’infestazione.

Tuttavia, in pochi mesi, i focolai divennero incontrollabili e a nulla valsero gli abbattimenti per tentare di arginare un’ulteriore diffusione del parassita. Si provò allora l’insediamento di potenziali predatori naturali e, nei vivai e nei pini di alto valore paesaggistico, si sperimentarono gli insetticidi. Ogni sforzo, per quanto immediato, fu però vano e oggi le più incantevoli cartoline della Campania non esistono più.

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