1 Dicembre 2020 - 19:18 . Prati . Cultura
Prati, Sara Fabrizi a “Quante storie” racconta il mistero della fanciulla dai capelli d’alga
“Il mio libro è un viaggio nel tempo, un itinerario nel quartiere per scoprire tutto ciò che c’è al di sotto della superficie dove, tra cunicoli, tombe e in tutto ciò che non vediamo si nasconde la Storia”.
“Quante storie”, programma di Rai3 condotto da Giorgio Zanchini, oggi 1° dicembre ne ha raccontata una tra le più incredibili, quella del ritrovamento della fanciulla dai capelli d’alga. A darne voce è stata la scrittrice Sara Fabrizi, che raccoglie questo e altri racconti nel libro “La Storia di Prati” (Typimedia Editore).
Fabrizi, filmata da Raffaele Manco, ricorda l’incredibile ritrovamento del 10 maggio 1889 della misteriosa fanciulla dai capelli d’alga, Creperia. Il suo sarcofago sbuca durante gli scavi per la realizzazione del Palazzo di Giustizia. Quando il coperchio viene sollevato, chi osserva rimane meravigliato: attraverso un velo d’acqua, si scorge lo scheletro di una ragazza giovanissima.
Chi era la fanciulla dai capelli d’alga? Nella metà del II secolo d.C., la giovane Crepereia Triphaena, si prepara per incontrare il suo promesso sposo. Dovrà indossare una tunica bianca e un velo color arancio che le copre viso e capelli, la fronte sarà cinta da una corona di mirto.
Al dito della mano indossa un anellino con cammeo, sopra è inciso il nome “Filetus”, forse quello del suo uomo. Il rito tradizionale impone che, prima dello sposalizio, la ragazza rinunci a tutto ciò che rappresenta l’infanzia, anzitutto i giochi e le bambole, offrendoli in pegno agli dei protettori. Crepereia, però, non si separerà mai dai balocchi, né uscirà mai dall’infanzia. Morirà poco prima del rito e verrà sepolta nelle terre su cui secoli dopo sorgerà il Palazzo di Giustizia.
L’emozione di quel ritrovamento, struggente e poetico, si riversano in una poesia di Giovanni Pascoli dedicata alla fanciulla dai capelli d’alga: “Ti nascondevi, o fanciulla, / nell’acqua trasparente, e sull’onda nuotavano i tuoi capelli di felce. / Avevi concesso alla notte oscura / il privilegio di scioglierli?”.
La storia della sventurata è giunta fino a noi grazie all’incredibile scoperta avvenuta durante i lavori per la costruzione del Palazzaccio. Esattamente 131 anni fa, il sarcofago della fanciulla riemerge dalle acque come una divinità fluviale. Quando gli archeologici aprono il coperchio, sotto a un sottile strato d’acqua, come pietoso sudario, trovano un teschio ancora coperto da lunghi capelli corvini, capelli che si rivelano essere una pianta acquatica cresciuta all’interno della tomba.
Accanto alla serica chioma, rimane la sua bellissima bambola d’avorio e parte del correndo, non più nuziale ma ormai funebre.
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