1 Giugno 2021 - 10:51 . Fuori Quartiere . Cultura
La JuniOrchestra torna a suonare. Il direttore Genuini: “Sarà una festa”
di Giulia Argenti
“Sarà una grande festa, non potremo ancora abbracciarci, ma riscopriremo la bellezza di suonare insieme dal vivo”. Simone Genuini, direttore della JuniOrchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, è entusiasta. Questa settimana, infatti, ripartiranno le prove in presenza per alcuni corsi della prima orchestra per bambini e ragazzi creata nell’ambito delle fondazioni lirico-sinfoniche italiane. Una realtà che dal 2006 forma musicalmente ogni anno oltre 500 strumentisti in erba. Ora Santa Cecilia ha scelto di tradurre parte di quel patrimonio immenso di esperienze acquisite sul campo in un libro. Anzi, in una collana di libri, in collaborazione con Edizioni Curci: il primo è “Giochi d’orchestra” curato proprio da Genuini, che dirige la JuniOrchestra fin dalla sua fondazione.
“Giochi d’orchestra nasce da una lunga esperienza con le orchestre giovanili – spiega Genuini –. In quasi vent’anni di attività abbiamo formato migliaia di ragazzi, molti dei quali adesso suonano in orchestre di prestigio. Un risultato che abbiamo raggiunto grazie all’impegno di tutti, ma soprattutto di Gregorio Mazzarese, responsabile del settore Education dell’Accademia e del presidente e sovrintendente Michele dall’Ongaro”.
Il volume propone esperienze in forma di gioco ed esercizio creativo, accanto a spunti di riflessione volti ad accrescere la consapevolezza dei giovani strumentisti durante le esercitazioni. “Un’idea a cui tengo molto, di cui parlo nel libro – racconta Genuini – è la teoria dello spartito perso: dico sempre ai ragazzi, cosa succederebbe se un giorno arrivassero alle prove con lo strumento musicale ma senza le partiture? Utilizzeremmo il tempo della lezione per sviluppare, tramite giochi ed esercizi, una consapevolezza più ampia del suonare insieme”.
La passione di Genuini per il suo lavoro si intuisce ad ogni sua parola, e viene spontaneo porgli una domanda, in virtù della sua più che ventennale esperienza con i giovanissimi: quali sono le caratteristiche che un direttore di orchestre giovanili deve avere?
“La JuniOrchestra è composta da cinque gruppi, in cui sono distribuiti allievi dai 5 ai 22 anni. Ovviamente l’approccio viene declinato in maniera diversa se si ha a che fare con dei bambini piuttosto che con degli adolescenti, ma in ogni caso è sicuramente essenziale avere la pazienza di rispettare i loro tempi. Altra cosa fondamentale è stimolarli a riflettere su quello che succede intorno a loro nel momento della prova e creare le condizioni per un ascolto più consapevole. I ragazzi devono essere in grado di capire quello che stanno facendo”.
Questa settimana riprenderanno le lezioni in presenza della JuniOrchestra, che sensazioni prova dopo oltre un anno di attività a distanza?
“Siamo tutti molto emozionati, sarà bellissimo rivederci e tornare a suonare insieme. Purtroppo non sarà possibile riprendere le prove in presenza per tutti i corsi, alcuni dovranno completare l’anno accademico a distanza, ma speriamo che in autunno, compatibilmente con l’andamento della pandemia e della campagna vaccinale, potremo riprendere tutte le attività ‘dal vivo’. Stiamo lavorando duramente per renderlo possibile, ma in questo momento è ancora difficile fare previsioni. I nostri corsi arrivano a comprendere centinaia di allievi e dobbiamo capire come organizzarci per garantire il rispetto delle norme anti-Covid”.
Come si è svolta l’attività della JuniOrchestra durante il lockdown dello scorso anno e i difficili mesi della pandemia?
“Mi preme sottolineare una cosa. Ogni insegnante di qualsiasi materia sa che il termine didattica a distanza è sbagliato. Un docente fa didattica con la sua postura, la sua presenza, il suo modo di rapportarsi con gli studenti. Sono tutti elementi essenziali che non possono essere rimpiazzati dalla tecnologia. Preferisco quindi usare il termine didattica in emergenza: anche noi ce ne siamo serviti, abbiamo svolto i corsi online certo, ma la pandemia ci ha privati di un elemento fondamentale, il poter suonare insieme. Per questo abbiamo riconvertito gli incontri, che si svolgevano tramite la piattaforma Zoom, in lezioni di ascolto individuale”.
L’Auditorium Parco della Musica è stato tra i primi grandi spazi della Capitale ad ospitare un hub vaccinale. Che effetto le ha fatto vedere questa trasformazione?
“In alcuni degli spazi in cui oggi vengono somministrati i vaccini ha provato spesso la JuniOrchestra, per questo l’emozione è stata forte. La cultura si è messa a disposizione nella lotta contro il Covid, offrendo i suoi locali: è stato un bellissimo messaggio di speranza in un momento così difficile per tutti. Ora speriamo di poter restituire quanto prima ai nostri ragazzi la gioia di suonare insieme”.
L’Auditorium si trova nel cuore del Flaminio e ne è ormai diventato un simbolo. Lei che rapporto ha con il quartiere?
“Pur vivendo a Roma sud ho sentito da sempre un legame molto stretto con il Flaminio. Mi ha sempre trasmesso l’idea di viaggiare a ritmi più lenti e morbidi rispetto alla frenesia della Capitale. Anche perché mi è capitato di frequentarlo spesso la sera, dopo i concerti. Spero di tornare a farlo il prima possibile”.