28 Luglio 2019 - 19:00 . Prati . Cronaca
Editoriale. La Lega primo partito e la Capitale da governare
di Luigi Carletti
Come sono governate le città italiane a guida leghista? Alla luce dei recenti risultati elettorali, la domanda sembra essere assolutamente legittima per i cittadini romani che ormai da tre anni sono governati da un’amministrazione comunale figlia di un movimento – i Cinquestelle – in costante arretramento. Cittadini romani che magari si ricordano ancora delle amministrazioni precedenti – di centrodestra e di centrosinistra – i cui partiti di riferimento oggi non sembrano in grado di assumere alcuna leadership in quanto, oltre alle idee, sono privi anche dei numeri.
L’ultimo turno elettorale, con la Lega oltre il 34 per cento, ci dice – tra le molte cose – che il partito di Salvini potrebbe essere la forza politica di riferimento nelle prossime elezioni amministrative in molte grandi città. Roma in primis. E ci suggerisce che i problemi di cui i romani si lamentano di più – inefficienza pubblica, degrado urbano, burocrazia e governo delle periferie – sono storicamente i punti di forza delle amministrazioni leghiste che funzionano, in particolare in Lombardia e nel Nordest. E guarda caso, sono anche i temi sui quali la giunta guidata da Virginia Raggi in questi tre anni ha mostrato i suoi limiti più evidenti.
Metropoli in ritardo nel confronto globale
Ora prendiamo gli elementi di cui sopra e aggiungiamoci un aspetto che la classe politica romana, in gran parte autoreferenziale e provinciale, sottovaluta da sempre: nel confronto con le altre capitali del mondo, Roma non può continuare a vantare la sua grande (innegabile) bellezza come salvacondotto per qualsiasi ritardo o inefficienza. Purtroppo o per fortuna, nella competizione globale tra metropoli, la reputazione delle città (fatta di comunicazione globale, opportunità, intercettamento di grandi flussi economici) si misura sempre di più attraverso capacità di innovazione, efficienza dei servizi, vivibilità e offerta di possibilità, specie per le nuove generazioni.
L’economia assistita dell’imponente macchina statale e parastatale che per decenni ha tenuto in piedi Roma, equivale certamente a stipendi, note spese, prebende e privilegi di vario genere, ma non ha niente a che fare con il futuro dell’economia di una metropoli di tre milioni di abitanti. Questo è il tema vero dell’oggi, sul quale l’amministrazione pentastellata è “non pervenuta”: nessun segno di consapevolezza, troppo impegnata a costruire una narrazione tutta volta a demolire chi c’era prima.
I romani che oggi vedono i cassonetti dei rifiuti strabordanti, le stazioni della metro impraticabili, il verde pubblico abbandonato a se stesso, e giustamente se ne lamentano, purtroppo però rischiano di non percepire un problema assai più grave: questa città è priva di programmazione, non ha un orizzonte che non sia – appunto – il succhiare (per chi può) dalla grande mammella pubblica. Sono moltissimi i romani che, per varie ragioni, oggi si chiedono se Roma sia la città giusta per il domani dei loro figli. Quando le risposte negative saranno in maggioranza, sarà chiaro che Roma avrà fallito il compito primario di una comunità: garantire un futuro possibile per le nuove generazioni.
Il Pd secondo partito ma c’è poco da far festa
In tutto questo un discorso a parte meriterebbe il centrosinistra. Dopo aver offerto per mesi un indegno spettacolo di accoltellamenti interni tutti tesi a far fuori Matteo Renzi, l’unico vero leader disponibile, il Pd passerà le prossime settimane a raccontarsi che è in ripresa perché i dati elettorali dicono che è il secondo partito in Italia e il primo a Roma. In realtà la “ripresa” è tutta nello spostamento di una parte dell’elettorato grillino deluso dalla politica di Di Maio e dalle pessime performance locali, a cominciare dalla Capitale.
Resta il fatto che una grande fetta dell’elettorato tradizionale del centrosinistra rimane fredda e disincantata rispetto alla politica e alle iniziative del nuovo corso a guida Zingaretti, specie quando si parla di amministrazioni locali. Il caso del Secondo municipio di Roma (equiparabile per dimensioni a una città italiana di media grandezza) in cui gli amministratori di centrosinistra entrano in collisione tra loro fino al punto di consegnare la vicepresidenza a un rappresentante di Fratelli d’Italia, la dice lunga sullo stato confusionale e sul grado di litigiosità che sembra marchiare a fuoco il dna degli eredi di Rutelli e Veltroni. Con quali risultati sarà facile verificare a breve. Salvini e i suoi non vedono l’ora.