30 Gennaio 2019 - 7:40 . Prati . Cronaca
Editoriale. Inefficienza, burocrazia e lassismo: perché Roma così non funziona
di Luigi Carletti
Chiunque abbia vissuto in città diverse da Roma fa una certa fatica a comprendere alcuni aspetti della Capitale. Questo per due ragioni. Perché ci sono peculiarità assolutamente romane e perché Roma non è paragonabile a nessuna delle altre città italiane. Queste due banali considerazioni sortiscono a loro volta un duplice effetto: da un lato, valutare Roma come un caso a sé e quindi accettarla così com’è (il sempiterno evvabbè…), dall’altro esaltarne la sua unicità e in nome di questa dimenticarne i guai. Che però sono tanti. E sempre più complessi.
Il lassismo civico
L’accettazione passiva di come Roma oggi si presenta ai nostri occhi è il Problema con la p maiuscola di questa città. La nascita di associazioni, comitati, gruppi di cittadini che nei quartieri si assumono l’onere di alzare la voce e di darsi concretamente da fare, viene considerata la risposta della parte sana e più responsabile della nostra società alle carenze pubbliche. Questo da un lato è certamente vero, ma dall’altro non fa che dimostrare vieppiù quanto – nel generale lassismo civico della Capitale – servano mobilitazioni e sforzi straordinari per ottenere quello che altrove sarebbe la normalità. In definitiva, il fiorire di movimenti spontanei di cittadini, spesso enfatizzati come segno di vitalità sociale, a noi sembra piuttosto un segno di esasperazione (talvolta disperazione) sociale. Un fenomeno il cui grido è contro l’inadeguatezza della Capitale e della sua macchina organizzativa rispetto ai tempi che viviamo. Questa è la vera anomalia di Roma.
Il tema non è di oggi, e tuttavia oggi si presenta ai nostri occhi con caratteristiche più allarmanti. E questo per due ragioni. La prima: siamo tutti più informati (e quindi più consapevoli) di quanto avviene nel mondo. Comunicazione e informazione non sono più canalizzate attraverso un ristretto gruppo di mass-media, ma viaggiano su una rete “many to many” in cui ciascuno di noi è, a un tempo, informato e informatore. Quanti di noi nelle ultime settimane hanno ricevuto messaggi da amici o conoscenti su altre città italiane ed estere con immagini di strade pulite e servizi efficienti, e poi il commento: “proprio come Roma, eh?”. Noi non ce ne accorgiamo, ma questo continuo fluire di informazioni alla fine non fa che consolidare in noi la percezione della “diversità romana”. E spesso ce la fa – se non accettare – metabolizzare: evvabbè… Amen
L’amministrazione Raggi
La seconda ragione del peggioramento è la particolare congiuntura politica. In questa situazione di crescente urgenza dei problemi, sarebbe servita una risposta politico-amministrativa straordinaria. Molti di quelli che hanno votato Cinquestelle probabilmente contavano proprio su questo: rottura con il recente passato e apertura di un nuovo ciclo che non solo risolvesse i problemi, ma immaginasse un futuro che non fosse semplicemente la stantia autocelebrazione della bellezza (indiscussa e indiscutibile) e della grandezza (più passata che presente) della Capitale.
Ora, è sotto gli occhi di tutti quanto l’amministrazione Raggi sia riuscita effettivamente a incidere sui problemi quotidiani della Capitale, e per amor di patria non ci soffermeremo più di tanto sull’argomento perché – appunto – basta aprire gli occhi per vedere come stiano combinati la città e i suoi quartieri. Le risposte, talvolta sconcertanti, che arrivano dal Campidoglio raccontano ovviamente un’altra storia e così fanno quei cittadini che – dopo quasi tre anni di amministrazione pentastellata – ancora si ostinano a non vedere. “Si caecus caecum ducit, ambo in foevam cadunt”, dicevano i nostri avi, ma il guaio è che così “nella fossa” finisce che ci cadiamo tutti.
Ipnotizzati continuamente da temi come i rifiuti, i trasporti, il caos nei servizi fondamentali (cinque mesi per una carta d’identità…), tutti noi rischiamo di non vedere che il tema di fondo della Capitale non è (o non dovrebbe essere) l’emergenza quotidiana per l’essenziale, ma l’ormai conclamata inadeguatezza della macchina organizzativa romana rispetto ai tempi che stiamo vivendo. Roma così com’è oggi non può funzionare. Questo a prescindere di chi sieda in Campidoglio: un fenomeno di sindaco o un sindaco come l’attuale. Se un appunto si può e si deve rivolgere alle amministrazioni precedenti, è di non aver dato seguito agli stimoli e alle intuizioni di amministratori che oggi guidano municipi importanti (Alfonsi nel primo, Caudo nel terzo) i cui scritti testimoniano come da anni il tema del “pachiderma Roma” sia nell’agenda dei politici più consapevoli.
Quartieri come capoluoghi
Non è pensabile governare la Capitale come se fosse una città. Roma è una metropoli costituita da città, ognuna molto diversa dall’altra per molte ragioni, non esclusa la storia più antica. Montesacro ha gli stessi abitanti di Trieste, Ostia è grande quanto Messina, e potremmo andare avanti ad elencare. Comune e Municipi di Roma oggi formano una struttura amministrativa obsoleta e inefficiente, completamente inadeguata rispetto alle esigenze dei diversi territori. Il secondo Municipio mette insieme quartieri lontanissimi tra loro (in tutti i sensi) come Parioli e San Lorenzo, con l’effetto di far arrivare sui tavoli dei decisori istanze e problematiche così diverse da impantanarsi spesso nella lotteria delle priorità.
Noi crediamo che Roma si salva solo se riparte dai quartieri, attraverso una nuova organizzazione, ripensata e rifondata: una metropoli federata in cui il Campidoglio è centro di coordinamento ma con ampia delega (e quindi con un reale decentramento di risorse) ai quartieri. E sottolineiamo quartieri, come dimensione ideale del rapporto ente-cittadino-territorio. Certo, ci sarebbe bisogno di un ridisegno frutto di un progetto organico. Ecco, un progetto. Esattamente quello che manca oggi a Roma, oltre a tutto quello che vediamo quotidianamente con i nostri occhi.