Capitale morale
Guido Cutillo
Economista, docente alla Luiss Business School, fondatore del gruppo Urbs Urbium
Roma è una città di mare: lo sapevate? Riflessioni sullo smart working intelligente
Ho scritto recentemente un post su Facebook dove, pervaso da uno stato di grazia generato dal poter lavorare su un terrazzo con una vista mozzafiato su Roma, decantavo le lodi di una città che a mio avviso ha tutto per poter diventare l’equivalente della marmellata per le mosche rispetto ai talenti di tutto il mondo.
Due reazioni mi hanno stupito rispetto al post.
La prima nata dal fraintendimento che quel panorama incredibile fosse godibile dalla terrazza di casa mia è stata di tutti quelli che mi hanno sostanzialmente scritto: “Beh facile così! Prova a farlo in periferia! (pensando, ma non scrivendo, radical chic infame del centro)”.
La seconda è di quelli che riprendendo un passaggio del mio post, mi dicevano “Il mare sotto casa a Roma? Ma quando mai! Forse se abiti a Ostia.”
Le due categorie di reazioni mi hanno sollecitato un triste pensiero e una ancor più forte determinazione. Il pensiero triste è che, come spesso ci diciamo tra (pochi) amici ancora innamorati follemente di questa città, è che i romani sono oggi sempre più spesso portati a vedere il negativo piuttosto che il positivo, e che così facendo perdono di vista le tantissime cose che rendono questa città straordinaria. Sarebbe bello certo possedere una terrazza a Piazza Navona o a Trinità dei Monti, ma è un privilegio per pochi. Pochissimi. Io vivo bene lo stesso. Smart working non vuol dire “lavoro da casa” ma “lavoro intelligente”.
Oggi, per tutti quelli che fanno determinate professioni, lavorare da casa, lavorare dall’ufficio, lavorare da una terrazza con vista mozzafiato o da una sdraio vista mare a Ostia è equivalente. Perché allora non dovrei preferire le ultime due opzioni? La terrazza non deve necessariamente essere di proprietà, ma potrebbe essere uno spazio di coworking ad esempio, o anche quella di un bar o di un ristorante. Ne esistono di bellissime a Roma che spesso sono frequentate solo da turisti perché i romani ne ignorano anche l’esistenza e non tutte hanno prezzi inavvicinabili, anzi.
Quanto al mare sotto casa, la distanza che separa l’Eur dal mare è sostanzialmente quella che separa il Down Town di Los Angeles da Santa Monica ,e la duna di Capocotta non ha nulla da invidiare a Venice Beach. Eppure, nell’immaginario collettivo, gli abitanti di L.A. hanno sempre la tavola da surf in macchina perché tra casa e ufficio non si lasciano scappare l’occasione di cavalcare un po’ di onde, mentre a Roma quasi nessuno ha la percezione che questa sia “anche” una città di mare. Pure qui noto la difficoltà di vedere il bicchiere mezzo pieno.
Insomma credo che ci sarebbe bisogno di una grande psicoanalisi collettiva per mettere da parte i mugugni e lo scontento ritrovando quello spirito e quella vitalità che hanno caratterizzato da sempre la nostra città rendendola eterna o resiliente come si direbbe oggi. Quell’ottimismo un po’ guascone che ci ha sempre fatto vedere tutto come superabile. Quello che in Febbre da Cavallo fa dire al Mandrake interrogato se avesse i soldi: “Ce l’ho sì. Tempo de rimedialli”. Quella forma mentis che nel Sorpasso porta Bruno, interessato a rimorchiare due turiste teutoniche, a rispondere al suo amico che gli chiede preoccupato “Ma tu lo parli il tedesco?” con la frase epica “No. Ma me lo immagino.”
Ecco la mia determinazione è proprio questa. Cercare di far recuperare alla città questo ottimismo, guascone forse, cialtrone in alcuni casi. Ma pur sempre ottimismo. Per guardare al futuro con più fiducia, per vedere il bicchiere mezzo pieno. Per vedere tutto quello che di bello abbiamo intorno per poter costruire un domani migliore.
Infine, permettetemi di dire che io sarò strano ma a me Roma piace proprio (quasi) tutta. Quando si parla male della periferia ci si dimentica che questa non è un coacervo di bidonville allo sbando ma un insieme di quartieri anche molto diversi tra loro dove vivono la maggioranza dei romani. Dove è possibile trovare bellezza e fascino a profusione. Ad esempio, per me lavorare dalla terrazza del “Lanificio” a Pietralata o sotto il pergolato del “Calice d’oro” al Tufello può essere bello quanto lavorare dalla “Terrazza Borromini” a piazza Navona.