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Quella discarica a cielo aperto ai confini del nostro quartiere
di Daniela MogaveroCalcinacci, elettrodomestici, amianto, fusti di vernice, cartongesso, toner esausti, guaine e materiali plastici. Vere e proprie discariche abusive a cielo aperto, pile di rifiuti alte anche tre metri, bombe ecologiche diffuse in tutto il territorio, in particolare nel quadrante est della Capitale, anche ai confini di Prati, nelle zone limitrofe alla Tangenziale est, a viale di Tor di Quinto e appena fuori dall’area monumentale di Roma, sulle sponde del Tevere. Il quadro disegnato dai Gruppi di ricerca ecologica (Gre) è allarmante e gli esperti del gruppo di volontari parlano di una “terra dei fuochi” romana.
«La mappa che abbiamo realizzato è in continuo aggiornamento, perché il fenomeno delle minidiscariche e delle discariche abusive è fluido. Alcune si liberano e altre si formano, alcune sono occasionali, altre si ricostituiscono di continuo – spiega il responsabile regionale del Gre per il Lazio, Carlo De Falco -. Abbiamo deciso di mappare la zona di Roma Est, perché è quella dove il fenomeno è diventato patologico, con 19 ettari distribuiti in 122 discariche, ma stiamo allargando l’analisi anche ad altre aree di Roma e anche nella zona del Flaminio si segnalano dei punti che destano preoccupazione». E c’è chi sostiene che siano 300 su tutto il territorio romano.
Le principali caratteristiche della discarica abusiva, secondo De Falco, «sono la frequenza e la quantità di materiale scaricato, l’area di abbandono, il più delle volte al confine tra i municipi, una vera e propria terra di nessuno, in prossimità dell’Aniene o del Tevere, la presenza di insediamenti abusivi (che sono parte del fenomeno, ma non la causa) e la rete criminale sommersa che sta dietro a questo fenomeno».
Ecco chi c’è dietro al business del rifiuto
Secondo De Falco, non si tratta di semplici cittadini che lasciano i rifiuti in queste aree per non recarsi in una qualsiasi isola ecologica o smaltire correttamente i Raee (rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche) ma «di aziende che operano nel settore edilizio o dello smaltimento di rifiuti e che agiscono illegalmente, commettendo reati. A volte abbiamo trovato anche elettrodomestici con le targhette e i numeri di matricola. Basterebbe indagare per risalire ai colpevoli».
Molte aree – aggiunge – sono state «perimetrate dalla polizia di Roma Capitale, ma non vengono mai bonificate».
Sulle 122 discariche geolocalizzate, 22 si trovano nel III Municipio, almeno sei sono vicine al Trieste-Salario e due zone da tenere sotto controllo sono alle porte del Flaminio-Parioli. Per quanto riguarda Prati «i punti critici – delle specie di mini discariche – sono a ridosso del Tevere, soprattutto appena ci si allontana dall’area monumentale. Ma non c’è un abbandono sistematico di rifiuti come nelle altre aree mappate», spiega De Falco.
La soluzione secondo il Gre
Il Gre, che ha inviato la mappa anche a ministero dell’Ambiente, ministero dell’Interno, Arpa Lazio e carabinieri, suggerisce questa ricetta per arginare il fenomeno: applicare la normativa della “terra dei fuochi”, affidarsi a droni, foto trappole e sorveglianza satellitare. «I fusti tossici sotterrati ci sono, i rifiuti interrati anche. La differenza con la Campania – avverte De Falco – è che qui non c’è una criminalità organizzata, ma tante realtà che operano in maniera criminale».