23 Luglio 2021 - 17:53 . africano . Cultura
Omicidio Vittorio Occorsio: 45 anni fa il terrorismo nero “condannò” a morte il magistrato che lo braccava
Quarantacinque anni fa, in zona Africano, il magistrato Vittorio Occorsio veniva freddato da una raffica di proiettili mentre è a bordo della sua utilitaria, appena uscito di casa per recarsi a lavoro. Era il 10 luglio e la quiete di via Mogadiscio e via del Giuba viene turbata violentemente da uno dei tanti omicidi che caratterizzarono gli Anni di Piombo.
Lunedì 26 luglio, alla libreria Eli in viale Somalia 50/A, il figlio del magistrato, il giornalista Eugenio Occorsio, presenterà il libro “Non dimenticare, non odiare. Storia di mio padre e di tuo nonno” (Baldini + Castoldi), con la prefazione del fondatore di Repubblica Eugenio Scalfari. Interverranno il vicedirettore de L’Espresso Lirio Abbate e Miguel Gotor, storico, saggista ed ex senatore.
La scrittrice Sara Fabrizi ha voluto ripercorrere quanto successo in quella data infausta, gli attimi dell’omicidio, il ritrovamento del corpo da parte del figlio Eugenio e i mesi successivi.
di Sara Fabrizi
È il 10 luglio 1976. Alle 8.30, come di consueto, il sostituto procuratore Vittorio Occorsio esce dalla sua casa in via Mogadiscio per recarsi in ufficio. È sabato. Lo aspetta un’ultima giornata di lavoro, poi andrà in ferie. Prima di avviarsi verso il tribunale, intende andare al Verano sulla tomba di suo padre. Il 10 luglio, infatti, cade l’anniversario della sua morte. In casa c’è soltanto il figlio ventenne, Eugenio. Sta studiando per sostenere l’esame di Diritto privato fissato il lunedì successivo. Occorsio si mette al volante della sua Fiat 125 special e avvia il motore.
Sul sedile posteriore, la giacca e la borsa con i fascicoli, gli incartamenti a cui si sta dedicando in questo periodo. È completamente solo. Da più di un mese gli è stata tolta la scorta, anche se ha ricevuto minacce esplicite a causa delle inchieste che conduce con tenacia e coraggio.“Occorsio boia” “A morte Occorsio” sono alcune delle frasi che si leggono sui muri della città. Lui, però, non si lascia intimidire. Percorre pochi metri in discesa fino all’angolo con via del Giuba. Alla fine della strada, deve rallentare. C’è una macchina parcheggiata contromano. Ne scende un uomo, armato.
Una raffica di mitragliatore investe il parabrezza della Fiat, mandandolo in frantumi, colpendo ripetutamente il magistrato. Occorsio, ferito in modo grave, forse cerca di sottrarsi. Ma i proiettili lo raggiungono di nuovo, a distanza ravvicinata, senza lasciargli scampo. Il figlio Eugenio sente l’eco di quegli spari, scende di corsa e si trova davanti uno spettacolo che si fisserà per sempre nella sua memoria. La macchina ferma in mezzo alla strada, sulle strisce pedonali, crivellata dai proiettili. Il corpo di suo padre, privo di vita, riverso fuori dallo sportello aperto. Sull’asfalto si allargano grandi chiazze di sangue. La borsa da lavoro con i documenti non c’è più. Al suo posto, una manciata di volantini. “La giustizia borghese si ferma all’ergastolo, la giustizia rivoluzionaria va oltre. Il Tribunale speciale del Movimento politico Ordine nuovo ha giudicato Vittorio Occorsio e lo ha ritenuto colpevole di avere, per opportunismo carrieristico, servito la dittatura democratica perseguitando i militanti di Ordine Nuovo e le idee di cui essi sono portatori” recita il testo che rivendica l’attentato.
Tre anni prima, nel novembre del 1973, Occorsio ha condotto il procedimento contro i militanti di Ordine Nuovo. Dopo aver appurato il carattere eversivo e neofascista del movimento, è riuscito a far applicare per la prima volta la Legge Scelba, il provvedimento che ha introdotto il reato di apologia del fascismo. Così, diversi esponenti di Ordine Nuovo sono stati condannatie il movimento è stato sciolto.
Alcuni mesi dopo il delitto, le forze dell’ordine rintracciano la motocicletta usata dai killer per alcuni sopralluoghi sotto casa del magistrato. Scoprono che è intestata a Gianfranco Ferro, che viene arrestato. È lui a fare il nome di Pierluigi Concutelli, uno dei leader di Ordine Nuovo, soprannominato il “comandante” nell’ambiente della lotta armata. Il 13 febbraio 1977, Concutellifinisce in manette. Di fronte ai fotografi che immortalano quel momento, alza il braccio destro nel saluto fascista.
Quella mano che punta in alto è la stessa che ha impugnato la mitraglietta con la quale è stato ucciso il giudice Occorsio. Il processo accerterà che è stato lui l’esecutore materiale dell’omicidio, per il quale riceve l’ergastolo. Ventiquattro anni, invece, per Gianfranco Ferro, il suo complic. Concutelli sostiene di essere lui la mente dell’operazione, ma gli inquirenti non gli credono. Nonostante le indagini, però, i veri mandanti non verranno ma individuati. La trama resta fitta e intricata. Il movente potrebbe non essere affatto una semplice vendetta. Occorsio stava indagando in modo molto accurato sui legami tra terrorismo nero, logge massoniche, frange deviate dei servizi segreti e malavita. Appare strano che il commando sapesse esattamente che il 10 luglio era l’ultimo giorno utile per colpire, visto che il procuratore sarebbe poi partito per le vacanze. Inoltre, qualcuno deve aver informato i killer del fatto che Occorsio girava senza scorta.
Oggi, Pierluigi Concutelli è in libertà, dopo che gli è stata riconosciuta la sospensione della pena per gravi motivi di salute. Non si è mai dichiarato pentito né ha rinnegato il suo passato. Gianfranco Ferro è deceduto in carcere nel 1989, a causa di un tumore. L’omicidio del magistrato Vittorio Occorsio è una delle pagine più nere di quei terribili anni di piombo. Un caso che, per molti aspetti, resta ancora insoluto.
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