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Scemi del villaggio unitevi! Perché il “movimento no vax” oggi è un vero pericolo
di Luigi CarlettiDa bambino mi capitava di passare le vacanze estive in piccoli paesi: poteva essere il paese di mia madre all’isola d’Elba, oppure il paese dove quell’estate a me e a mio fratello toccavano due settimane di montagna prima di tornare sulla costa toscana dove eravamo nati. Ovunque andassimo, qualsiasi paese conoscessimo, c’era una costante: lo scemo del villaggio. Di solito lo scemo del villaggio non faceva paura. Non era né cattivo né pericoloso, poteva rischiare di diventarlo ma solo se qualcuno gli avesse dato retta nelle sue scemenze, per esempio quando indicava la signora del panificio come la strega della zona, o la guardia forestale come il rapitore di bambini, ma siccome tutti sapevano chi fosse – lo scemo del villaggio, appunto – lo lasciavano dire e ci ridevano su.
Da bambino lo scemo del villaggio era quindi una figura immancabile nella geografia umana dell’ambiente in cui capitavo, perciò ben presto mi feci l’idea che la sua presenza rispondesse a una precisa esigenza sociale: una voce distonica che rasentando continuamente l’eccesso e praticando disinvoltamente l’iperbole, ci ricordasse (utilmente) la differenza tra la conoscenza consapevole e l’immaginazione nutrita di ignoranza mista a stupidità.
Ignoranza e stupidità a cui si accompagnavano un modo di esprimersi che era naturalmente in linea con il personaggio: urla, frasi roboanti ma prive di senso, espressioni innervate di un’enfasi che in certi casi sfociava in una vera e propria violenza verbale e quindi poteva anche spaventare.
Da bambino non potevo immaginare che lo scemo del villaggio lo avrei incontrato più tardi leggendo un autore come Michel Foucault o studiando Erving Goffman, sociologo che sull’interazione simbolica ha scritto pagine fondamentali. Dunque lo scemo del villaggio non era solo nelle mie avventure estive, ma esisteva anche come figura retorica e come elemento di analisi nel vasto campo della sociologia.
Tutto questo mi è tornato in mente guardando e ascoltando le manifestazioni dei novax, l’ultima delle quali sabato a Roma con le violenze dei gruppi squadristi e fascisti che hanno utilizzato l’adunata di popolo per le loro spregevoli finalità politiche.
Lasciando per un momento da parte queste violenze, e limitandoci ai “contenuti” della protesta novax, la sensazione è che gli scemi del villaggio di ogni parte d’Italia si siano dati appuntamento e abbiano finalmente trovato un elemento di connessione. Non solo: che abbiano anche trovato chi li considera non un temporaneo raggruppamento di teste bacate, ma un “movimento” organizzato e soprattutto organizzabile, perché essendo appunto un insieme di personalità distoniche, l’importante è battezzare un bersaglio e consentire loro di buttarci dentro tutto quello che gli frulla per la testa. Basta leggere i cartelli che i novax issano a ogni loro manifestazione: si va dalla fantascienza alle superstizioni del medioevo passando per la caccia alle streghe, che nella fattispecie sarebbero medici, scienziati, governanti e naturalmente giornalisti.
L’errore più grave che possiamo fare è considerare questo fenomeno come tollerabile e passeggero. Perché lo scemo del villaggio qui diventa pericoloso. Per almeno tre ragioni: è strumentalizzabile e lo abbiamo visto nelle scene di guerriglia di sabato scorso; è oggettivamente dannoso per la comunità che grazie ai vaccini sta faticosamente uscendo dalla pandemia; è consapevole che con i sistemi di comunicazione di oggi può accrescere il suo impatto e fare proseliti.
Qui non si tratta di tollerare il dissenso e la diversità di opinioni (libertà insopprimibili), ma di mettere un argine – in base alle leggi vigenti – alla disinformazione fatta di fake news, alle intimidazioni, alle minacce e agli atti di reiterata violenza. Le forze politiche che hanno strizzato l’occhio allo scemo del villaggio per poi accusare il ministro Lamorgese di scarsa reattività dovrebbero solo vergognarsi: se questa gente si sente in qualche modo protetta, è perché nello schieramento politico non c’è unanimità nel condannare senza se e senza ma. E tuttavia è vero che finora il governo su questo fronte è stato fin troppo tollerante. Nessuno chiede leggi speciali, basta applicare quelle che ci sono. Ma applicarle, finalmente, con rigore e con puntualità. Per una minoranza rumorosa e violenta, nel Paese c’è una larghissima maggioranza silenziosa che si chiede perché a certe frange di scalmanati sia consentito di dire e fare quello a cui stiamo assistendo da mesi.
Quando ho presentato il mio libro “My personal Covid” in cui dico quello che penso dei novax, sui social mi sono arrivati insulti di vario genere. Chi li ha formulati deve sapere che è materia che non si cancella e che al momento opportuno può essere portata in un tribunale. Ma lo Stato (e quindi anche la Giustizia) deve darsi una mossa: Internet può essere un territorio molto pericoloso, e lo scemo del villaggio ha imparato a praticarlo.