28 Luglio 2021 - 12:34 . Cronaca
Caso Fasano, vanno avanti le inchieste sulla morte del maresciallo dopo una partita tra colleghi
Vanno avanti le inchieste sulla morte di Eugenio Fasano, il carabiniere di 43 anni morto in circostanze ancora tutte da chiarire il 24 gennaio 2019, dopo aver disputato una partita di calcetto con alcuni colleghi al circolo Antico tiro a volo ai Parioli. Per far luce sul caso i familiari hanno presentato una denuncia che ha portato all’apertura di due diversi fascicoli: uno si trova sul tavolo della Procura della Repubblica, l’altro su quello della Procura militare di Roma.
Il giallo della morte di Fasano, portato alla luce da un’inchiesta di RomaH24 pubblicata il 5 marzo del 2021, presenta ancora molti punti da chiarire, come ribadito anche da un articolo pubblicato sulle pagine della cronaca di Roma di Repubblica oggi, mercoledì 28 luglio, e ripreso anche dalla testata Fanpage e dal Tg regionale della Rai.
Ma chi era Eugenio Fasano? “Un uomo meraviglioso, devoto al lavoro e alla sua famiglia. Prestava servizio come maresciallo alla caserma dei carabinieri di via Clitunno, nel Trieste-Salario – racconta Teresa Afiero, cognata di Fasano in un’intervista rilasciata a RomaH24 il 6 marzo 2021 –. Era un grande sportivo, amava allenarsi e aveva un’indole molto mite. Mai un contrasto, una lite con qualcuno. Colleghi e amici parlavano sempre di lui con grande stima e affetto”.
Due giorni prima di morire Fasano, che ha lasciato una moglie e due bambine piccole, ha disputato una partita di calcetto al circolo Antico tiro a volo di via Vajna, nel quartiere Parioli. Era il 22 gennaio 2019. Il maresciallo – secondo la versione ufficiale – sarebbe stato stroncato da un malore. Questa versione, però, fin da subito non ha convinto i familiari, rappresentati dall’avvocato Donato Santoro. Come ricostruito da RomaH24, infatti, Fasano arrivò in ospedale un’ora e mezzo dopo il presunto malore e con lesioni difficilmente attribuibili ai possibili tentativi di rianimazione avvenuti nello spogliatoio, dove avrebbe perso i sensi. Il referto parla di 12 costole fratturate, lo sterno fratturato, polmone destro perforato da tre costole con emorragia interna, asistolia (mancanza di sangue al cervello), vie respiratorie ostruite da “materiale ematico e probabili ingesti”, cioè cibo. Il maresciallo presentava inoltre sulla parte sinistra sul volto segni attribuibili a violenti colpi ricevuti.
Poco tempo prima della partita di calcetto con i colleghi, inoltre, Fasano si era sottoposto a una visita di controllo con relativo ecocardiogramma. Il risultato era stato quello che si aspettava: nessun problema.
Tra gli aspetti poco chiari della morte del carabiniere, che le inchieste dovranno chiarire, c’è anche il “giallo delle ambulanze”. Sì, perché a soccorrere Fasano ne arrivano due. Ma andiamo con ordine: dopo il presunto malore nello spogliatoio, viene chiamato un medico dell’Arma, e solo successivamente (15,35) viene richiesto l’intervento del 118. Che arriva sul posto con due ambulanze, una senza medico a bordo alle 15,44 e l’altra con medico a bordo alle 15,46. Le ambulanze ripartono entrambe dal Circolo alle 16,22 e arrivano al Policlinico Umberto I alla stessa ora: le 16,30. E secondo i referti portano lo stesso paziente: “paziente ignoto 14801”.
Nelle ore successive alla morte, per quanto è dato sapere, non viene eseguito alcun esame supplementare: l’autorità giudiziaria non dispone l’autopsia e alla famiglia viene proposta la cremazione del corpo. Proposta che viene respinta.
Ricostruire, una volta per tutte, cosa è accaduto dopo quella partita di calcetto è compito delle inchieste che continuano ad andare avanti. Quel che è certo, invece, è l’affetto sincero del Trieste–Salario nei confronti di Fasano. Il suo quartiere adottivo, infatti, il 22 gennaio 2020 ha piantato un albero in via Aterno in ricordo del maresciallo.
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