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Flaminio all’ultimo stadio: ecco com’è ridotto un tempio dello sport

di Paolo Riggio

Immondizia. Erba incolta. Topi. Ferri arrugginiti. Senza tetto e roulotte. C’era una volta lo stadio Flaminio, un tempo luogo di grandi pagine sportive e gesta indimenticabili. E forse una svolta è vicina per far sì che questo luogo torni a godere di nuova gloria.

“Il 14 febbraio (domani, ndr) con l’Istituto del Credito Sportivo, la Cassa Depositi e Prestiti e la parte urbanistica faremo un incontro per la riqualificazione dell’impianto e dell’area – ha spiegato l’assessore allo Sport Daniele Frongia tempo fa ai microfoni di Radio Roma Capitale -. Speriamo di realizzarlo il prima possibile, potrebbe essere un bel dono per la città”.

Sono passati più di sessant’anni dall’inaugurazione dell’impianto, che ospitò, nel corso della sua storia, eventi unici: dalle Olimpiadi del ’60, alle partite di Serie A, fino ai prestigiosi incontri della nazionale di rubgy. Nel corso degli anni, lo stadio Flaminio si è trasformato da gioiello architettonico di prestigio a sinonimo di degrado assoluto nel quartiere.

Lo scorso ottobre, RomaH24 aveva segnalato le pessime condizioni di tutta la zona circostante. Quelli che vedete oggi sono invece degli scatti di cui la nostra testata è entrata in possesso e che documentano come, all’interno dell’impianto, la situazione appaia persino peggiore. Delle scritte sui muri, in particolare, rivelano l’ingresso nella struttura di persone certamente non autorizzate. Magari, gruppi di ragazzi che, con facilità, hanno scavalcato le cancellate.

La rabbia degli abitanti è tanta. C’è chi come Marco Messini – che abita in via Girolamo da Carpi – denuncia: “Il Flaminio è un relitto. Nessuno vuole recuperarlo e oggi è diventato la dimora di barboni, tossicodipendenti e roulotte abusive”. Il vertice di domani con tutti i player interessati, sotto la regia di Roma Capitale, potrebbe però imprimere un’accelerazione al tentativo di restituire dignità a una casa dello sport della città. Un tentativo agognato a tutti. Ma dal Flaminio di più.

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