Storie da tram
Francesca Piro
Anatomopatologa e fondatrice del salotto letterario "“La linea d’ombra”
Perché intitolare Villa Ada a Giulio Regeni sarebbe sbagliato
Non sono d’accordo. L’iniziativa della quale si sono fatti promotori alcuni cittadini romani con una petizione su Charge.org per intitolare Villa Ada a Giulio Regeni non mi trova d’accordo.
Giulio non ha bisogno di questo genere di manifestazioni. La famiglia Regeni ha più volte chiesto di non attivarsi con iniziative personali, anche se con fini onesti e di vero affetto nei confronti il loro figlio, per non intralciare il proseguire delle indagini e il percorso giudiziario che dovrà portare alla verità e giustizia per Giulio Regeni. La famiglia del giovane studente universitario italiano, torturato e ucciso a Il Cairo nel 2016 da esponenti dell’apparato dello Stato egiziano – ormai, con la chiusura delle indagini da parte della magistratura italiana, questo è un fatto acclarato – non ha bisogno di questo tipo di aiuto.
Villa Ada è la sede dell’ambasciata d’Egitto; la sede diplomatica è infatti visibile dal controviale interno che porta verso i pratoni, entrando dall’ingresso di via Salaria, e non c’è una volta che io entri nella villa senza che il mio sguardo si rivolga verso quello che era il Casino Nobile del parco e che è oggi è la sede diplomatica di uno dei più importanti Paesi del Mediterraneo. Sono stata in Egitto due volte prima del 2016 e ho scoperto una terra bellissima, affascinate, ricca di Storia e dalla natura ineffabile tanto è affascinante. Ci sarei dovuta tornare nel 2017, nel corso della spedizione compiuta con Progetto Mediterranea, ma proprio per quanto era accaduto a Giulio Regeni, io mi opposi fermamente a quella tappa, discutendo molto con gli altri compagni di viaggio, perché avrei trovato oltraggioso organizzare il programma culturale di una spedizione come quella che Progetto Mediterranea rappresenta, in un Paese il cui governo deliberatamente manifestava la propria indifferenza davanti alle richieste di due genitori e una sorella straziati dal dolore, e non solo. Non tornerò mai più in Egitto, almeno fin quando questa vicenda terribile non sarà risolta.
Seguo con attenzione tutte le azioni che Amnesty International compie di concerto con l’avvocata Alessandra Ballerini, rappresentante legale della famiglia Regeni, e non ho mai visto in questi anni la richiesta di cambiare il nome di un parco per intitolarlo a Giulio. Ho visto invece sale studio universitarie dedicate a Giulio, ho visto la sala del Museo Egizio dedicata a Giulio, ho visto borse di studio intitolate a Giulio. Ovvero ogni volta che è stato possibile, il nome di Giulio è stato legato alla cultura.
Perché è di questo che stiamo parlando: di uno studente universitario che parlava 7 lingue, che aveva studiato e si era laureato negli Stati Uniti, che aveva lavorato per le Nazioni Unite e che nel 2016 stava conseguendo un dottorato di ricerca presso l’Università di Cambridge. “Giulio fa cose” dicono i genitori di Regeni, ogni qualvolta uno studente di una qualsiasi delle università italiane si laurea con una tesi che affronta i diritti umani, i temi sociali, la comunicazione, le scienze sociali e dedica la tesi a Giulio. La battaglia per la verità e giustizia per Giulio Regeni passa attraverso la cultura e attraverso l’attenzione dei media – quella scorta mediatica che la famiglia continua a richiedere – per far sì che sulla morte di Giulio continui ad essere puntata l’attenzione.
Intitolare Villa Ada a Giulio Regeni sarebbe una mossa sbagliata. Potrebbe apparire come una ripicca, un dispetto, una provocazione nei confronti del governo egiziano e non è questo quello di cui Giulio e la sua famiglia hanno bisogno. Si richiami piuttosto l’ambasciatore. Richiamare, che è diverso da ritirare.
L’Italia non deve smettere di chiedere risposte su questa vicenda e da adesso, grazie anche alla risoluzione del Parlamento Europeo che, proprio citando il caso di Giulio Regeni, ha recentemente chiesto un’indagine indipendente e trasparente sulle violazioni dei diritti umani in Egitto, il percorso giudiziario per arrivare a una conclusione vera e giusta sull’omicidio di Giulio appare più vicina, o comunque innegabile.
Continuare a chiedere verità e giustizia per Giulio Regeni significa lottare per la libertà e la vita di tutte le giovani e i giovani del mondo che durante il loro percorso formativo di ricerca e studio vedono violati i loro diritti, la loro educazione e in alcuni casi la loro stessa vita. Paola e Claudio Regeni non si fermeranno. Si battono per la giustizia, per Giulio, per tutti noi. Non si fermeranno. Non li fermerà nessuno. Dobbiamo essere al loro fianco. Non lasciamoli soli.
LEGGI la proposta di Corrado Augias