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Valerio Verbano, 40 anni fa l’omicidio in via Monte Bianco
di Claudio LollobrigidaQuarant’anni dopo, l’omicidio di Valerio Verbano rischia di rimanere senza colpevoli. La Procura di Roma ha infatti chiesto l’archiviazione dell’indagine “contro ignoti”, riaperta nel 2011 e finora rimasta senza esiti.
Verbano è una delle vittime degli anni di piombo di Montesacro. Il luogo dell’omicidio è la sua abitazione al numero 114 di via Monte Bianco. Valerio è uno studente del liceo Archimede in via Maione e militante di sinistra. Il suo nome è legato anche al Trieste-Salario: il 19 settembre del 1978, durante uno scontro tra fascisti e autonomi a piazza Annibaliano, è proprio lui ad accoltellare alla schiena Nanni De Angelis, uno dei leader di Terza Posizione, il movimento della destra eversiva di quegli anni che, tra gli altri, ha come fondatore Roberto Fiore, poi divenuto leader di Forza Nuova.
La madre di Verbano racconterà che il figlio accoltellò De Angelis per difendere un suo amico che stava per essere colpito al petto da una mattonata. Sull’asfalto di piazza Annibaliano viene trovata la borsa di Valerio con i suoi documenti all’interno. Tra questi, c’è anche l’indirizzo di casa dei Verbano. Via Monte Bianco, appunto.
Forse proprio da qui hanno avuto origine i fatti del 22 febbraio 1980. Verso le 12.20 il campanello di casa Verbano suona, dall’altra parte della porta dicono di essere amici di Valerio, chiedendo di poter entrare e aspettare il suo rientro. La madre non fa neanche in tempo a dire loro di accomodarsi che un uomo col passamontagna la colpisce e la spinge contro la parete. Stessa sorte, pochi secondi dopo, per suo marito. Entrambi vengono immobilizzati con il nastro adesivo, in attesa che Valerio rientri.
Verbano rincasa alle 13.40 e viene subito aggredito dai tre. C’è una violenta colluttazione, Valerio riesce anche a disarmarne uno, ma mentre tenta la fuga viene raggiunto da un colpo di pistola alle spalle, che gli trafigge l’intestino. L’esecuzione, forse, è arrivata perché il giovane stava realizzando un dossier in cui ricostruiva la rete dell’estremismo di destra.
Sono passi 40 anni da quel giorno. E oggi, gli assassini di Valerio Verbano rischiano di non avere mai un nome e un volto.
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