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Tornare a governare Roma partendo dai suoi quartieri

di Luigi Carletti

Non ci uniremo alla fila di quelli che, saltando sul carro del vincitore, ambiscono a dettare l’agenda delle priorità di Roma. Roberto Gualtieri, eletto sindaco con il 60,2% dei voti, è un uomo politico che ha fatto della consapevolezza di questo momento storico uno dei suoi punti di forza, perciò ha certamente ben presente su che cosa dovrà impegnare se stesso e la compagine che con lui dovrà governare la Capitale. E “governare” è il verbo a cui restituire il significato e il valore che merita. La speranza è che da stasera la città chiuda e mandi definitivamente in archivio un periodo di sconsolante non-governo. Un periodo che va ben oltre i cinque anni di amministrazione Raggi, ma che con i Cinquestelle ha visto il suo punto più basso sia nella gestione ordinaria, sia nella programmazione del futuro.

I commenti che arrivano dal centrosinistra nelle ore della vittoria sono, come spesso accade, all’insegna di un’enfasi che è comprensibile solo in termini di comunicazione politica ma che non rispecchia fedelmente la realtà come l’abbiamo osservata in questi anni e anche in quest’ultimo periodo. Il centrosinistra non vince per aver espresso un’opposizione particolarmente incisiva in Campidoglio e per le iniziative politiche assunte a livello comunale. Il successo di Gualtieri – oltre all’indubbio apprezzamento per la sua figura di politico serio e competente – scaturisce anche e soprattutto dall’inadeguatezza del candidato del centrodestra e da una campagna che Fratelli d’Italia ha impostato sui distinguo che magari premiano il consenso personale di Giorgia Meloni ma certo non cementano l’alleanza con Lega e Forza Italia. La sconfitta del centrodestra – di questo centrodestra dietro al quale si agitano gruppuscoli e forze dai connotati preoccupanti – è una buona notizia al di là di ogni appartenenza politica. Roma è la città in cui Rachele Mussolini ha riscosso il maggior consenso personale, e questo risultato – al di là delle sue qualità – ci ricorda che il passato per molti non è mai passato. Con tutto quel che ne consegue.

Da stasera il centrosinistra ha di nuovo la responsabilità della città più importante del Paese. E con essa ha il governo dei municipi in cui ha prevalso, tutti tranne il VI. Municipi che meriterebbero un discorso a parte, visto che parliamo di realtà metropolitane grandi come capoluoghi, ognuna con esigenze e problemi molto diversi ma con aspettative comuni, la prima delle quali è una maggiore autonomia nella gestione della cosa pubblica, senza gli incomprensibili (e spesso ridicoli) conflitti con il Campidoglio. Proprio dai municipi emergono amministratori che entrano in Comune portandosi dietro un’esperienza straordinaria. Cito, tra gli altri, Sabrina Alfonsi, Andrea Alemanni e Giovanni Caudo: da loro è lecito attendersi un contributo decisivo a ripensare la governance di Roma. La Capitale è fatta di quartieri, prima ancora che di municipi: per rimettersi in piedi bisogna partire da qui.

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