14 Ottobre 2020 - 13:30 . Trieste-Salario . Personaggi

Saverio Raimondo: “Così si salva la tv italiana. E basta ipocrisia sulla disabilità”

L’assenza del pubblico in studio è una grandissima opportunità. Perché il pubblico in studio è qualcosa che ci portiamo dalla tv delle origini che si fondava sul teatro. Ma il pubblico, appunto, ti serve a teatro, in televisione puoi tranquillamente farne a meno. Devi solo sopperire con più creatività”. Così Saverio Raimondo, il comico del Trieste-Salario, ha parlato a Linkiesta di come il Covid-19 sta cambiando la tv italiana.

“Perfino gli studi televisivi sono pieni di quinte da cui non esce nessuno. Tutti retaggi teatrali che cerchiamo di adattare con esiti abbastanza tragici. Quasi fantozziani, a volte. Oppure le risate finte che in Italia non abbiamo mai imparato a utilizzare. Negli Stati Uniti fanno un sound design perfetto, in Italia immagino ci sia un signore appesantito che, durante la digestione, manda a caso risate e applausi. La nostra generazione è più in grado di pensare a una televisione senza pubblico e quinte e, forse, è anche ora“.

Raimondo, presenza costante a Porta a Porta (Rai 1) e a Le parole della settimana (Rai 3), presto di nuovo conduttore di una sua trasmissione

Poi Raimondo, protagonista del volume Typimedia “Trieste-Salario in 100 personaggi (+1)“, ammette: “La tv soffre una sorta di invidia per i social. Programmi che fanno bassi ascolti sono poi i più commentati della bolla. Certo, anche lì potremmo dirci che chissà quanto la bolla è truccata e certe views sono acquistate, ma, d’altra parte, anche del campione dell’Auditel si è sempre detto di tutto”. E allora come può “salvarsi” la tv? “Deve necessariamente parlare a un pubblico anziano, ma allo stesso tempo deve necessariamente cercare di farsi almeno notare dal pubblico social – dice il comico -. Allo stesso tempo la nuova generazione di comici, magari più avvezza ai social, ha necessità di parlare a un pubblico più anziano. È richiesto un compromesso a tutti, ma io sono un grande sostenitore dei compromessi”.

A Open invece Raimondo è tornato sul tema della disabilità, dopo essere stato protagonista della campagna Non c’è Sma che tenga, a sostegno del Numero verde Stella di Famiglie Sma: “In Italia c’è una certa ipocrisia. Un modo di pensare e di agire strettamente legato all’handicap, alla morte. Ma in realtà non parlare di disabilità è discriminazione perché è una condizione che fa parte della vita e quindi è una di quelle cose di cui si può scherzare, ridere. Che poi ridere di una cosa significa parlarne, affrontarla, non deriderla. L’umorismo può essere un veicolo di alfabetizzazione rispetto a certi temi, e non di banale derisione. Bisogna ridere degli handicap altrui”.

Poi ha raccontato come è nata l’idea dello spot: “Le famiglie Sma volevano facessi qualcosa in linea col mio pensiero, allora ho fatto una cosa assolutamente anti retorica, che è secondo me la cosa migliore. La retorica legata all’handicap, per me, è la morte. E sono molto contento perché ho avuto una libertà che altrove non ho avuto. Spesso sono stato censurato per aver scritto battute, per aver fatto battute sulla disabilità, stavolta mi è andata bene”.

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