22 Aprile 2019 - 20:38 . Trieste-Salario . EXTRANEWS
Quali sono i cinque episodi storici accaduti nel nostro quartiere che non puoi permetterti di ignorare
Dalla caduta del fascismo al mistero della “decapitata del lago”, passando per quello che viene ricordato come il massacro del Circeo. Il nostro quartiere è ricco di episodi storici che non possono essere ignorati, soprattutto quelli che si sono verificati in tempi più recenti.
L’arresto di Benito Mussolini
Nelle stanze di Villa Ada, il polmone verde più grande del Trieste-Salario, cade il fascismo. È il 1943, ci troviamo nel pieno della Seconda Guerra Mondiale. L’Italia è a un punto di svolta: il 24 luglio il Gran Consiglio del Fascismo si riunisce a Palazzo Venezia e depone Benito Mussolini dalla guida del Regno d’Italia. Per il dittatore è l’inizio della fine. Chiede udienza al re Vittorio Emanuele III, che gli dà appuntamento nella sua residenza privata all’interno dell’attuale parco storico. Alle 17:00 del 25 luglio, Mussolini varca i cancelli di Villa Ada con la sua macchina. Ne uscirà, circa venti minuti dopo, arrestato e portato via su un’ambulanza militare.
Il sacrificio di Ughetto
Solamente un anno dopo, muore l’ultimo e il più giovane dei caduti della Roma liberata. Si tratta di Ugo Forno, il piccolo partigiano di dodici anni che sacrifica la sua vita per salvare il ponte ferroviario sull’Aniene dall’esplosivo tedesco. Ughetto vive in via Nemorense e, la mattina del 5 giugno, esce di casa per andare incontro agli alleati, che sfilano in piazza Vescovio dopo la ritirata tedesca. Lì, tra la folla, circola la voce che una retroguardia nemica sta cercando di minare il ponte ferroviario. A quel punto, la decisione è istantanea. Bisogna fermarli. Ughetto raduna un piccolo esercito di fortuna, composto da contadini, ragazzi e braccianti armati fino ai denti. E insieme si dirigono sull’Aniene, dove colgono di sorpresa i soldati intenti a piazzare l’esplosivo. Nella fuga, i tedeschi riescono a sparare tre colpi. Il terzo raggiunge Ughetto.
Il mistero della “decapitata del lago”
Dal 10 luglio 1955 un mistero avvolge via Poggio Catino 23. Durante quella domenica di oltre sessant’anni fa, nella boscaglia sulle rive del lago Albano, viene ritrovato il corpo di una donna, martoriato da tredici coltellate. È nuda e decapitata. E le hanno asportato l’utero e le ovaie. Le autorità riescono a risalire alla sua identità solo grazie all’orologio che porta al polso, di cui erano stati venduti solo 150 esemplari. A rintracciare il nome della proprietaria è un orologiaio di piazza di Sant’Emerenziana: si tratta di Antonietta Longo, una siciliana trapiantata a Roma, che lavora come domestica. Poco dopo, emergono dettagli inquietanti. Due mesi prima della sua morte, “Ninetta” aveva ritirato tutti i suoi risparmi, chiesto le ferie, e preso un biglietto per tornare a casa, in Sicilia. Il 5 luglio, cinque giorni prima del ritrovamento del suo cadavere, aveva imbucato una lettera per la sua famiglia. Nelle ultime righe aveva scritto: «Fra poche ore sarò sua». Il gestore di una trattoria, inoltre, ricorda di aver noleggiato un’imbarcazione a una coppia proprio quel giorno. La barchetta non è mai tornata al pontile, e il mistero della “decapitata del lago” resta tuttora irrisolto.
Il Giulio Cesare si tinge di rosso
L’agente della polizia di Stato che, il 28 maggio del 1980, ha perso la vita davanti al liceo classico Giulio Cesare si chiama Francesco Evangelista. Ma i residenti del quartiere lo chiamano Serpico, come il personaggio interpretato da Al Pacino, visti i suoi arresti rocamboleschi, per cui è conosciuto da tutti nel Trieste-Salario. Quel giorno è di pattuglia davanti allo storico istituto, dove quotidianamente si verificano scontri tra giovani armati e politicamente schierati. L’auto della polizia si trova fuori dal cancello della scuola, i ragazzi entrano nell’istituto, tutto sembra sotto controllo. Ma, alle 8:10, quattro studenti aggrediscono gli agenti: sono un commando dei NAR (Nuclei Armati Rivoluzionari, organizzazione terroristica italiana d’ispirazione neofascista), composto da Valerio Fioravanti, Giorgio Vale, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini. Nello scontro a fuoco, Serpico perde la vita, colpito da sette pallottole.
Il massacro del Circeo
Tutto inizia in un pomeriggio del settembre 1975. Gianni Guido, Angelo Izzo e Andrea Ghira sono tre giovani residenti del Trieste-Salario. Sono di buona famiglia, studiano, sembrano ragazzi normali, se non fosse per la loro lunga lista di precedenti. Ma questo Rosaria Lopez e Donatella Colasanti, che diventeranno le loro vittime, non lo possono sapere. Si conoscono al bar del Fungo, all’Eur, dove i tre invitano le ragazze a trascorrere la serata ad una festa in villa a Lavinio. Ma non ci arriveranno mai. Vanno, invece, a San Felice Circeo, nella proprietà della famiglia Ghira. Lì iniziano due giorni d’inferno per le giovani: vengono seviziate, torturate, stuprate senza pietà. Il 30 settembre, all’interno di una Fiat 127 bianca, vengono ritrovati i due corpi martoriati dagli aguzzini. Rosaria è senza vita: l’hanno annegata in una vasca. Donatella, invece, incredibilmente è salva, ma solamente per essersi finta morta dopo 48 ore di percosse.
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