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“La mia infanzia in piazza Bologna tra le due guerre”: i racconti di Floriana Gigliani

di Antonio Tiso

“Bombe e conigli. La mia infanzia a piazza Bologna è un mix di contrasti. Sono nata nel 1936, ho vissuto il periodo della guerra e l’uscita dall’incubo. Forse ciò che mi ha protetta, nei primi anni di vita, è stata l’incoscienza verso quanto accadeva intorno a me”. Floriana Gigliani si emoziona ancora ricordando la sua prima giovinezza, come se non fossero passati 80 anni dai fatti che sconvolsero Roma e l’Italia intera. Lei, abitante storica del quartiere, è cresciuta a via Gaetano Moroni 2, in un palazzo di dieci piani che all’epoca faceva parte dei cosiddetti grattacieli di viale XXI Aprile.

“Nel marzo 1944 ero una bambina, abitavo vicino alla Caserma della Guardia di Finanza e ricordo perfettamente il suono della bomba che la colpì. Ero in cortile e vidi arrivare l’ordigno. Poi fu il panico. Si diffuse la voce secondo cui erano morte alcune famiglie. Io già vivevo in una condizione di semi isolamento. Mia madre mi aveva ritirata dalla scuola alcuni mesi prima, quando erano iniziati i bombardamenti della città. Preferiva tenermi a casa”.

Le sorelle Gigliani in piazza del Campidano, sullo sfondo la Caserma della Guardia di finanza, 1949

La campagna

Floriana ha visto crescere il quartiere. Abituati come siamo al ritmo frenetico di oggi, sorprende scoprire come intorno a piazza Bologna fosse ancora tutto da costruire. “Nel 1947, all’angolo con via Livorno c’erano le giostre. Ma da via Pisa in giù, verso la ferrovia, erano tutti prati. A via Lanciani si incontrava una carciofaia, mentre dalle parti di via Tommasini, vicino a un vecchio mulino, c’erano più pecore che persone. Nell’area dove si trovano oggi via Salento e via Pisa era tutta campagna, ma curiosamente erano c’erano già i cigli di travertino dei marciapiedi. Evidentemente le strade erano già state disegnate. La zona intorno a via Lanciani poi si sviluppò negli anni ’50.”

I giochi

Per i bambini di un tempo il mondo si fermava alla ferrovia, poi finiva tutto: “Appoggiavamo l’orecchio alla rotaia per sentire se arrivava il treno. Dove oggi c’è la tangenziale, c’erano solo collinette. Andavamo su quelle montagnole per giocare a bandiera , allo schiaffo del soldato, alla guerra francese, ai quattro cantoni. Avevamo persino un coniglio che portavamo a piazza Massa Carrara per mangiare l’erba. E se qualcuno trovava un palazzo in costruzione ci arrampicavamo sulle tubature esterne”.

Gli ambulanti

Nei primi anni ’50 piazza Bologna era molto animata. Le figure che la popolavano ricordano i film in bianco e nero del neorealismo: “C’erano il cocomeraro, il venditore di banane, l’ambulante con le fusaglie. Quest’ultimo teneva i lupini al caldo in una sacca a tracolla, ce li dava lessati nei cartoccetti con il sale. All’uscita di scuola, invece, in via Livorno, c’era un signore col carretto che aveva sempre le carrube e i lacci di liquirizia”.

Il cinema

Nel dopo guerra buona parte dei fedeli che frequentavano la parrocchia dei Santi Martiri Canadesi  proveniva dal Palazzo Federici. Un microcosmo dove erano alloggiate circa 800 famiglie: “Era una comunità di 3.000 persone. Lo stabile aveva molti servizi: al posto del Carrefour c’era il cinema teatro XXI Aprile. Ho ancora in mente il soffitto, si apriva per cambiare l’aria perché le persone vi fumavano all’interno. Ci andavamo la domenica con la nonna, io ero piccola e per vedere stavo seduta a cavallo del bracciolo. Ci venivano anche gli attori delle cosiddette Riviste. Prima della proiezione facevano avanspettacolo. Accanto c’era anche una sala da ballo, ‘Il ragno d’oro’, frequentata dalle donne di servizio e dai militari. Ma tutta la zona era piena di sale. In via Padova c’era il cinema Ausonia che oggi è una sinagoga. Lì vidi la compagnia di Nanda Primavera. In fondo a via Livorno, invece i preti avevano creato un’arena all’aperto, dove in estate davano i film di Stanlio e Olio. Mentre in via Stamira, dove oggi c’è il Bingo, c’era il cinema Bologna”.

Oggi Floriana ha 85 anni. La figlia del gioielliere di via Quintino Sella ne ha fatta di strada. Ha cresciuto due figlie femmine e vissuto sempre con grande vitalità. La sua è una memoria storica di piazza Bologna, ma il suo attivismo e il suo impegno proseguono. All’Anpi di via Catanzaro 3 lo sanno bene.

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