26 Aprile 2021 - 11:23 . Nomentana . Cultura
Così il 26 aprile 1978 le Brigate rosse colpiscono nel nostro quartiere
È il 26 aprile 1978, il sequestro di Aldo Moro (rapito il 16 marzo) tiene tutta l’Italia con il fiato sospeso. Nei giorni che precedono la morte del presidente della Democrazia cristiana i suoi sequestratori decidono di far sentire la loro voce, colpendo un altro esponente del suo partito.
L’obiettivo perfetto si chiama Girolamo Mechelli: ha 55 anni, una moglie, tre figli ed è il capogruppo della Dc alla Regione Lazio. Vive al civico 182 sulla Circonvallazione Nomentana. Ed è lì che, la mattina del 26 aprile, i suoi aguzzini lo aspettano.
Sono le 8.30 e, come sua abitudine, il politico ha appena preso un caffè al bar sotto casa. Sta per entrare in auto. Ha già aperto lo sportello. Ma all’improvviso sente delle fitte alle gambe e cade a terra. Riesce a vedere due figure che si allontanano di corsa.
La moglie, affacciata alla finestra, quando lo vede sull’asfalto crede che sia sci-volato sul bagnato. Soltanto quando scende in strada si accorge di quel che è successo. Mechelli è stato raggiunto da ben undici colpi e un proiettile è rimasto conficcato nella gamba sinistra. Viene portato al policlinico Umberto I
Poco distante dal luogo della gambizzazione viene ritrovata l’auto usata dagli attentatori, una Dyane verde chiaro, col motore ancora caldo, dentro alla quale ci sono due fondine di pistola e alcuni bossoli. Intorno alle dieci, una telefonata anonima rivendica l’attentato da parte delle Brigate Rosse alla sede de Il Messaggero: “Abbiamo colpito Girolamo Mechelli”.
L’attacco a Mechelli e molte altre vicende che hanno segnato la storia del nostro quartiere, sono raccontate nel volume “La Storia del Nomentano” (Typimedia Editore) a cura di Sara Fabrizi.
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