Montesacro | La Storia

21 aprile 1925: viene inaugurata la fontana del parco di via Maiella

di Sara Fabrizi

Forse non tutti sanno che Montesacro custodisce un’opera del grande architetto e paesaggista Raffaele de Vico, autore di tanti giardini e spazi verdi a Roma, soprattutto all’epoca del regime fascista. Si tratta del parco di via Maiella, intitolato a Caio Sicinio Belluto. Al centro del piccolo giardino c’è un’ampia fontana che, proprio oggi, compie quasi un secolo di vita. Per l’esattezza, 97 anni.

È il 21 aprile 1925. Montesacro – o meglio Città Giardino Aniene, come viene chiamato il quartiere in origine – sta lentamente sorgendo. Sullo sfondo di piazza Sempione, si staglia la grande facciata della chiesa degli Angeli custodi. Lungo le strade, tracciata di recente, si vedono diversi villini, già abitati. Qui c’è una piccola comunità che comincia a crescere e consolidarsi. Famiglie che mettono radici. Sono loro ad assistere all’inaugurazione di questa piccola fontana, che proprio in quel giorno comincia a zampillare. Il fascismo, come spesso accade in quest’epoca, sceglie la data del Natale di Roma, ricorrenza di grande valore simbolico, per consegnare alla cittadinanza alcune delle sue opere.

L’odierno nome del Parco, invece, è una “conquista” recente. Soltanto il 3 dicembre 2008, infatti, la Giunta del Comune di Roma, con apposita delibera, decide di dedicare questo spazio verde al tribuno della plebe Caio Sicinio Belluto, riallacciando così i fili della memoria storica di Montesacro. Sicinio Belluto, infatti, è l’uomo che sollecita la plebe a protestare contro l’ordine costituito, ritirandosi in massa sul Monte Sacro. Si tratta della cosiddetta secessio plebis del 494 a.C. Un evento che potremmo definire come il primo sciopero della storia. In quell’occasione, infatti, i cittadini di Roma lasciano la città, abbandonano le botteghe e i campi, si rifiutano di prendere parte all’esercito, allo scopo di fare pressioni sui patrizi. Vogliono avere voce in capitolo nella gestione del potere.

A risolvere la controversia sarà il celebre senatore Menenio Agrippa, che fa da mediatore. Egli riesce a convincere i plebei a tornare sui propri passi attraverso un racconto nel quale paragona le varie parti del corpo sociale alle parti di un corpo umano. Se le braccia (cioè il popolo) smettessero di lavorare, lo stomaco (il Senato e i patrizi) non riceverebbero più alcun nutrimento. Ma l’intero organismo ne sarebbe compromesso, braccia incluse. In questo modo, Agrippa riesce a far comprendere loro l’importanza di una collaborazione tra le varie classi.

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