11 Gennaio 2021 - 17:11 . Montesacro . Personaggi
Valerio Nicolosi: “Io, reporter in giro per l’Italia, ma solo al Tufello mi sento a casa”
Il mestiere del giornalista ci porta spesso lontano da casa. Tra reportage e servizi in giro per l’Italia e per il mondo, alla fine però è solo nel proprio quartiere che ci si sente davvero bene. Ed è così anche per Valerio Nicolosi, nato e cresciuto al Tufello ma che per via di questo mestiere è sempre in movimento lungo lo Stivale.
“Ho vissuto per un periodo anche fuori ma qui ci sono nato, sono cresciuto e ci sono poi tornato a vivere – ammette -. È un quartiere che è rimasto sostanzialmente uguale nel tempo. Rimane forte il suo spirito popolare, ci si conosce al bar sotto casa e al mercato, è come un piccolo paese”. E soprattutto c’è una storia che dura da generazioni: “Qui sono cresciuti i miei genitori, dopo che mia nonna fu cacciata dal Duce nel ’32 da quella che ora è via dei Fori Imperiali per la sua realizzazione e si trasferì a Val Melaina. Sono legato al quartiere, qui c’è il mio mondo, la mia famiglia, i miei amici. È il mio paese”.
Del quartiere Nicolosi ama ogni suo angolo: “Sono legato alla palestra popolare Valerio Verbano, sono stato uno dei primi iscritti e c’ho fatto anche uno dei primi documentari. Poi i palazzoni di Val Melaina, ma anche piazza Sempione, dove mi sono sposato con mia moglie. E spesso vado alla Marcigliana per respirare aria pulita”.
Tra gli ultimi lavori del giornalista c’è “I Fili dell’#Odio“, documentario dedicato all’odio online e che racconta come il totalitarismo digitale europeo è diventato terreno fertile per la propaganda. Prodotto da Zerostudio’s e cooperativa Il Salto, con la supervisione giornalistica di Michele Santoro, spiega qual è il meccanismo che sta dietro le cosiddette “centrali dell’odio”: “L’idea è nata un anno fa con altri colleghi e amici. Quello che notavamo tutti era questo incremento esponenziale dell’odio online e abbiamo scelto di puntare su questo”. Nel mirino soprattutto l’odio che si riversa nei confronti delle donne, tema sempre più caldo, e l’antisemitismo: “Le donne sono i bersagli ‘preferiti’, oltre i migranti. L’antisemitismo invece è in crescita esponenziale ed è un campanello d’allarme all’interno della società”.
Un tema, quello dell’odio online, che riguarda tutti. Anche i giornalisti. E sembra non trovare alcun freno: “Siamo bersagli di messaggi d’odio. Io mi imbarco spesso sulle navi delle ong e vengo insultato solo per essere lì. I governi possono fare di sicuro qualcosa ma la soluzione è solo culturale. La censura sui social non funziona, o quantomeno può funzionare in una democrazia come la nostra. Ma in altri contesti, vedi Ungheria e Turchia, potrebbe essere utilizzata anche per altri scopi. E poi andrebbero censurate le fake news e puniti coloro che le pubblicano o le producono”.
Il Covid poi ha messo ancor più in evidenza la piaga dell’odio che circola sulla Rete. No-vax, negazionisti del Coronavirus, ogni giorno è sono fiumi d’odio che scorrono tra siti di quotidiani, forum e social. Un tutti contro tutti che ha colpito anche lo stesso Nicolosi, ma che non ha fatto spostare in corsa il focus del documentario: “Abbiamo ragionato proprio su questo, sul fatto di attualizzare il tutto con quanto sta accadendo in questi tempi di crisi sanitaria. Purtroppo il Covid ha esasperato tutto ma non ha cambiato i processi che sono dietro l’odio che scorre sul web. La pandemia ha esasperato i toni, ma i meccanismi sono esattamente gli stessi. Per questo abbiamo deciso di non stravolgere il nostro lavoro”.
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