Montesacro | Emanuela Fiorenza
Emanuela Fiorenza, così con Retake rende più bello il quartiere
di Daniele Petroselli
“I problemi ci saranno sempre ma l’aver cambiato il modo di vedere il quartiere è davvero una conquista“. È con orgoglio che Emanuela Fiorenza racconta gli anni passati con Retake Roma. Per lei, che di Montesacro non è ma che da dieci anni ormai abita qui, il passaggio alla vita di quartiere è stata quasi uno choc ma necessario.
“Mi sono trasferita quando avevo già una bimba piccola e aspettavo il secondo figlio – racconta la Fiorenza -. E’ stata una scelta logistica, più che di piacere. Ho abitato a Mentana e Nettuno, ero abituata al verde e all’inizio ho subìto questo trasferimento, perché le aree verdi non le sentivo mie. Ma i bimbi mi hanno dato una grande spinta, a fare in modo di rendere questo quartiere più mio e vivibile non solo per loro ma per tutti”.
Un impatto forte, ma piano piano è nata in lei la voglia di cambiare le cose: “Lo vedevo un posto molto degradato. C’era un’area giochi accanto a casa e sono partita da lì. Scendevo quasi vergognandomi per andare a ripulirlo e sistemarlo per far giocare i miei figli. Poi ho preso consapevolezza e ho deciso di fare rete. Mi sono guardata intorno, ho conosciuto tante altre persone e ho contattato, associazioni, comitati, le realtà vive del quartiere. Molte di queste erano quasi ‘addormentate’ e non mi avevano colpito. Invece dopo qualche tempo ho conosciuto la realtà di Retake Roma e mi sono iscritta”.
E da quel momento è stata un’altra cosa: “Abbiamo cercato di mantenere vivo il quartiere, rendendo fruibili tutti gli spazi. E non solo di giorno, ma anche di sera. I primi interventi non erano solo di pulizia, ma hanno cercato di portare delle migliorie. Dalle aiuole al recupero delle staccionate, fino ad alcuni cartelli stradali sulla ciclabile. Abbiamo cercato di smuovere le coscienze e dare un po’ di coraggio per partecipare“.
Tanti i lati ‘oscuri’ di Montesacro che per merito di Retake e di tante altre realtà sono tornati a vivere: “Abbiamo bonificato il terreno alla stazione Nomentana, cercando di far rivivere questo posto – dice Emanuela -. È stata ripulita la ciclabile, dove ci sono sempre stati gli accampamenti. Abbiamo detto ‘Dobbiamo riportarci le persone’. Perché finchè la gente non frequenta questi posti, è ovvio che ritornano gli accampamenti e si torna a parlare di una zona non sicura. Ora è stata risistemata ed è importante, perché è la tappa del cammino di Francesco e qui passano tanti pellegrini. Vedere rigenerarsi un posto come questo ci da la spinta ad andare avanti. Per coinvolgere ancora più persone e fare ancor più rete“.
Un lavoro costante, che ha dato i suoi frutti. E le sue soddisfazioni: “Da subito ho dovuto sentire mio Montesacro, dovevo fare qualcosa per renderlo ancora più mio e renderlo vivibile per me e la mia famiglia. Oggi mi sento gratificata. I figli sono cresciuti e so che possono scendere tranquillamente a giocare. Qui c’era un parco abbandonato, invece è stato messo a posto ed è stato creato un campo da calcio. Questo è un regalo ai nostri figli. I problemi ci saranno sempre ma l’aver cambiato il modo di vedere il quartiere è davvero una conquista. Oggi tante zone vengono vissute a tutte le ore. C‘è molta più condivisione, si è creata quasi una vita di paese. Molte persone si sono conosciute e hanno cominciato a frequentarsi grazie al recupero di queste aree. Ma serve costanza in questa attività”.
Un lavoro importante, ma che deve continuare nel tempo, come ricorda la Fiorenza: “Gli spazi del quartiere sono di tutti. Ed è bellissimo vedere quando si attraversano certe aree che non c’è degrado e che si può condividere uno spazio. Per il futuro serve che ci sia un’integrazione. Noi portiamo avanti questo discorso da anni ed è bello sapere che ci sarà qualcuno che vuole adottare anche un piccolo spazio per renderlo fruibile a tutti, tornare a viverlo. La speranza è di innescare il sentimento di tornare a vivere il proprio quartiere. Che si può fare e basta poco. E non serve avere attrezzi particolari. Basta davvero poco per ripulire, anche raccogliere quelle due bottiglie in terra vicino a un marciapiede o in un prato”.
E racconta uno dei momenti più belli: “Si è avvicinata a noi l’‘associazione Aps Guscio di noce’, che si occupa di ragazzi con problemi psico-sensoriali. Terminati gli studi, questi ragazzi non hanno più l’opportunità di un’interazione sociale. Hanno deciso di fare attività insieme a noi, avendo modo di rapportarsi con tanti volontari. Sono due anni che ogni mercoledì si occupano della manutenzione della ciclabile. E’ stato un progetto nato in un posto recuperato ed è bellissima questa storia. Quando recuperi un posto, la storia non finisce lì, ma c’è l’opportunità di creare altrettante storie belle come questa”.