Roma, 19 Dicembre 2024 - 4:28
‘Origami’: alla libreria Sinestetica la presentazione del primo romanzo di Sabatina Napolitano
Un romanzo aperto alla storia e alla politica, candidato al premio Strega 2022 da Renato Besana. Sabato 14 maggio, alle 19.30, l’autrice Sabatina Napolitano presenta ‘Origami’ (Campanotto, 2021) negli spazi della libreria Sinestetica a viale Tirreno 70.
Sabatina Napolitano ha pubblicato diversi libri di poesia. Nata nel 1989 a La Maddalena (Sassari), ha vinto numerosi concorsi per la poesia edita e inedita. I suoi racconti sono pubblicati in diverse riviste letterarie. L’autrice, inoltre, recensisce, collabora e intervista autori di poesia, narrativa e saggistica ed è una studiosa dell’opera di Nabokov. ‘Origami’ è il suo primo romanzo.
Ma di cosa parla ‘Origami’? La protagonista del romanzo è Olga, una giornalista e bibliotecaria che diventa celebre sposando Gustavo Miso, un editore e giornalista facoltoso. Da bambina resta presto orfana di entrambi i genitori e viene cresciuta dai nonni che amavano gli origami. Alle scuole medie comincia a scrivere su un giornalino chiamato ‘Origami: il sogno di carta’.
La giornalista non abbandona mai il progetto fin tanto che ‘Origami’ diventa un giornale vero. Olga gestisce la grossa biblioteca di Itaque insieme ad altri impiegati come Marianne, Jeremy, Nina, Nora, Ellen. Dapprima diventa amante di Jeremy poi dopo un incidente incontra Gustavo e se ne innamora. I due hanno un unico figlio, Edoardo che prima ha una relazione con una traduttrice. Poi a seguito della loro separazione sposa una donna giapponese, Ada. Dalla loro unione nasce una figlia che sembra portare sulle spalle il peso dei Miso.
La redazione di Roma H24 ha contattato Sabatina Napolitano, rivolgendo all’autrice tre domande in vista della presentazione di ‘Origami’ alla libreria Sinestetica del prossimo 14 maggio.
Cosa significa Roma nelle sue produzioni?
Ritorno a Roma dopo molti anni. L’ultima presentazione di un mio libro nella capitale risale a settembre 2019, al quartiere Flaminio. In futuro sicuramente sarò più elastica e mi muoverò con più facilità. Mi interesso di street art e di una certa cultura underground-pop che credo sarà oggetto del mio secondo romanzo. Proprio per questo frequento spesso il quartiere San Lorenzo. In ‘Origami’, invece, si parla di una biblioteca. Spero che il livello di Origami sia interpretato come un livello buono per la scrittura. È a volte difficile anche per i critici trovare parole per definire un libro. Se la sua struttura è ottima, la scrittura innovativa e la tendenza è quella a creare una forma di narrazione originale e incisiva, tendente al classico solo in certi punti e mai banale. Se sono riuscita in questo, allora posso dirmi di essere ad un buon punto.
Origami non è un libro scritto in dialetto, i personaggi si muovono tra la biblioteca di Itaque (un imprecisato luogo) e la villa dei Miso. Il romanzo non è privo di slanci lirici e in una estrema sintesi si può dire che è il racconto di un sogno della protagonista. Per scrivere il romanzo ho utilizzato il materiale che eccedeva da bozze di romanzi, scritti negli anni e mai conclusi. È intessuto di una trasposizione che fa da scudo alle mie esperienze personali, e cerca di rispondere ai problemi del presente senza l’uso di uno storytelling forzato. Ho motivo di sostenere – può confermare chi ha letto il romanzo – che si tratta di una narrativa nuova, che investe lo spazio politico non solo in forma teorica. Se i romanzi scritti a tavolino corrompono sottovoce, credo che con gli strumenti della poesia e della narrativa delle biblioteche (citata nel romanzo stesso) ho individuato una nuova protagonista letteraria, non caratterizzabile come personaggio storico esistente, che può essere libera di reinterpretare un contesto sociale e quindi letterario.
L’istruzione e la cultura, così come l’informazione e il giornalismo, fanno da sfondo a questo romanzo. Per chi tra noi vive il presente è evidente che il romanzo è entrato nei giorni e nelle settimane parallelamente alla guerra. Questa visione sintetica che è racchiusa in ‘Origami’ fa parte di un’interpretazione che mi trascende con una certa dose di drammaticità anziché di comicità. Al di là quindi dell’approccio funzionale direi che il romanzo è finito e finisce per diventare letteratura come documento intessuto internamente di un potere lirico e carismatico.
Questo in parte è un processo suggeritomi a monte dalla scrittura di Nabokov. Più che considerare gli intrecci drammatici tra individui letterari mi soffermerei su quanto un romanzo, anche alla prima uscita, possa cambiare la storia, e in questo Origami non ammazza la storia o la politica, finisce per essere un romanzo correlato alla storia e alla politica non solo italiana, probabilmente, anzi quasi palesemente in più punti. Roma come spazio può di certo spingermi a un’azione pratica rispetto alle occasioni perdute.
A quale autore pensa se pensa a Roma?
Ci sono delle parole, due in particolare che fondano il romanzo italiano degli ultimi anni del Novecento: la prima è “letteratura”, la seconda è “ekphrasis”. Due parole che ho usato in ‘Origami’. Il punto è che è vero che a volte quante più reazioni negative si registrano tanto grande è poi il controcanto dei posteri. ‘Origami’ ha registrato una forte opposizione che per una conciliazione naturale si ribalterà. Con questo non intendo celebrarmi, lo ripeto. Sto aprendo il cuore ai lettori.
Alcuni romanzi contrastivi sono mossi da ideali di “auto-diffamazione, violenza inflitta, perdita del prestigio”. Questi meccanismi li trovo, talvolta, profani per un pubblico colto ed educato alla narrativa. Il vero rischio della scrittura è tentare di essere lapidaria senza asservirsi al caro “editing” che ormai aleggia oggi con un’aura mistica intessuta di comicità. Sono quelle nuove parole che i grandi scrittori del passato non conoscevano se non come “riletture”, “correzioni delle bozze”. Il punto è che la parola “editing” oggi finisce per diventare una struttura al testo esteriore e a tratti decorativa, che brilla quando l’ascoltiamo filtrata come da una pubblicità di messaggi subliminali provenienti dall’industria editoriale sicuramente di stampo capitalistico. Se un testo ha una forza lirica delle volte è impossibile riuscire a modificarne anche una virgola e le traduzioni hanno bisogno di un contesto di linguaggio.
‘Origami’ ha subìto tante variazioni, al punto che sono riuscita a dare tutta me stessa nelle pagine. È di certo una breve narrazione, ma suona lapidaria. Di certo la struttura riprende il modo di narrare di Nabokov pieno di rimandi, disimmetrie e verticalismi.
Ultimamente sono due gli autori che mi fanno pensare a Roma, e non per una associazione storica diretta. Il riferimento è a Giuseppe Berto e Alberto Bevilacqua. Giuseppe Berto in ‘Il cielo è rosso’ descrive una Treviso bombardata. Ci sono morti lasciati sotto le macerie, devastazione e sconfitta. Il quadro non è lontano da quello che sta accadendo a pochi passi da noi. Nel 1964 Berto scrive ‘Il male oscuro’ con cui poi vincerà il Premio Campiello. Trasferitosi a Roma, sposò Manuela da cui ebbe la figlia Antonia. Il libro è un autobiografismo che riprende il percorso di una terapia psicoanalitica. Mario Monicelli ne ha tratto un film nel 1989. Berto mi piace e mi attira per il suo spirito, era a tratti anarchico, si sentiva libero.
Certo non possiamo dire che questo atteggiamento “trasgressivo” sia attribuibile all’io che va di moda oggi. Ecco io credo che Berto sia stato sinceramente, e per me e lo è ancora, il pedale di partenza. L’io che non resta inerme di fronte alla tragedia altrui, ma è voce della tragedia altrui che è la nostra tragedia. Credo che la vera letteratura abbia un senso di profondità nell’essere servizievole rispetto ai fatti storici. Questo stesso spirito mi muove attraversando Nabokov ma non ho scritto un libro realistico, anzi. ‘Origami’ non è un libro conformistico (della serie di quello che oggi va di moda come -editing-, privilegiare la paratassi, dialoghi diretti e realistici, periodare semplice e talvolta banale, strutture retoriche creaturali e ingenue, assenza di slancio lirico); direi che è un libro sofferto. Lo scandalo di ‘Origami’ credo stia nel suo approccio fortemente intuitivo ma non ingenuo e creaturale.
Come pensa che le Università italiane possano favorire le esperienze e gli incontri tra gli scrittori?
Il movimento che provocano le università possiamo dire che è fondante la letteratura. Le università sono il David della letteratura. Da credente credo ci sia un Michelangelo invisibile che scolpisce le università. Difatti ultimamente leggo articoli provenienti dall’Università di Sassari, di Bologna, di Firenze, di Venezia. Anni prima mi ero già dedicata all’Università di Siena, a La Sapienza a Roma o all’Università di Torino. Il punto è che necessariamente le università si devono prendere carico dello sfondo dorato della letteratura, qualora ci fosse una letteratura fondata su doppi sensi tra studentesse o studenti con professori e professoresse; o peggio ancora dottorande e dottorandi o borsiste con professori o professoresse questo andrebbe necessariamente denunciato dalla comunità intera per spirito di coesione dell’ordine. Un po’ come per i giornalisti che non parlano male dei giornalisti così gli accademici non parlano male dei colleghi ma quando si trovano brutte storture vanno decisamente troncate a vantaggio di una storia letteraria fisica ma senza doppi sensi, libera ma senza esibizionismi.
Le università italiane sono ancora legate a uno spirito di fedeltà al lavoro, ai luoghi, ai gesti, alle intransigenze. Lo stesso Nabokov avrebbe isolato casi di fraintendimento nei rapporti tra studenti e professori onde evitare appunto, una cattiva lettura dell’Università intesa come istituzione. Personalmente sono esterna e non sono sposata, e per di più sono sola da anni. Quindi potrei permettermi anche delle trasgressioni del pensiero ma leggendo continuamente e inserita ai libri che leggo col potere isolante della letteratura a volte mi riesce veramente forzato poter essere a tutti i costi diretta e la credo una imposizione fuori luogo a dismisura. Se tutte le studentesse si imponessero per il corpo sarebbe finita l’università in quanto tale, se tutte facessero foto allusive con pose allusive. Non è una questione di morale ma è una questione inscrivibile sul piano strettamente professionale. La forma è fondamentale. Le allusioni sono pericolose. Su questo Nabokov ne avrebbe molto da dire.