23 Giugno 2020 - 11:35 . FuoriQuartiere . Cronaca
Lo Zodiaco, il socio di maggioranza racconta la sua verità sul fallimento
“Come tutti avete potuto notare dal foglio attaccato sulle vetrine del locale da parte del curatore fallimentare, la nostra attività è fallita”. Inizia così il lungo messaggio – che sta facendo il giro dei social – scritto da Roberto Rossi, che si firma come socio di maggioranza de Lo Zodiaco.
Lo storico locale sulla cima di Monte Mario ha chiuso. Per fallimento, appunto. A dimostrarlo – affissa sulle vetrine – è la sentenza numero 177/2020 del Tribunale ordinario di Roma, che lo scorso 4 marzo ha dichiarato proprio il fallimento della Zodiacoroma s.r.l.
Poche righe. La sentenza si limita a dichiarare la fine della società proprietaria sia del ristorante, sia del bar adiacente e nomina giudice delegato la dottoressa Margherita Libri.
Ma come ha fatto uno dei ristoranti più famosi di Roma ad arrivare a questo punto? È qui che entra in scena Roberto Rossi, che ci tiene a fornire la sua versione dei fatti. Tutto, si legge, è iniziato da alcuni contrasti con degli ex dipendenti: “Avevano lavorato con la vecchia gestione, ma mai con la nuova – scrive Rossi -. Già nel 2015 avevano chiesto e ottenuto da noi il pagamento di oltre 120.000 euro per liquidazioni dovute dai vecchi gestori e che noi abbiamo pagato, sempre in sede fallimentare, in un’unica soluzione (dal momento che non è stata accolta la nostra richiesta di poter pagare il 50% subito e il resto a rate). Dunque, già da diverso tempo ci stavamo impegnando a salvare il locale da un potenziale fallimento”.
E poi? “Successivamente, sempre gli stessi lavoratori, appena incassati i circolari della suddetta cifra, si sono ripresentati con un’altra causa aperta nel civile, sempre nei confronti della vecchia gestione, riguardante ore straordinarie non retribuite, permessi non pagati, ferie non godute, ecc… – racconta ancora l’ex socio di maggioranza de Lo Zodiaco – in cui rivendicavano (udite bene) la cifra esorbitante di oltre 700.000 euro, a cui, secondo loro, andavano aggiunte spese e interessi maturati nel tempo”.
Da quel momento sono seguite altre udienze: “Noi della nuova gestione, non essendo a conoscenza di questa causa perché insediati da pochissimo, ci siamo potuti presentare davanti al giudice solo nell’ultima udienza utile, quando ormai era troppo tardi – prosegue Rossi -. Però, leggendo la sentenza, abbiamo apprezzato molto la decisione del giudice, che ha trasformato la cifra richiesta dagli ex dipendenti da oltre 700.000 a 300.000 euro. A questo punto, fiduciosi, siamo ricorsi subito in appello presentando richiesta di sospensiva ai giudici, i quali, esaminata la procedura, stabilivano che, in attesa della sentenza di appello, la cifra richiesta doveva calare da 300.000 a 100.000 euro. Molto contrariati dalla sentenza, gli ex dipendenti hanno iniziato un’azione di pignoramento, andata poi a buon fine, per un ammontare di 65.000 euro. Quindi, noi della nuova gestione eravamo convinti di dover attendere la sentenza di appello e di dover pagare, al momento opportuno, tutta la cifra richiesta”.
Ma le cose, ancora una volta, sono andate diversamente: “Ma i quattro, invece di attendere la sentenza di appello, che purtroppo veniva rinviata dal Tribunale, e in virtù della burocrazia di un anno, senza nemmeno attendere l’esito del pignoramento agivano nuovamente per via fallimentare. A settembre 2019 abbiamo presentato al Tribunale fallimentare tutta la documentazione idonea a dimostrare che nei nostri 5 anni di gestione e di onesto lavoro eravamo riusciti a pagare oltre 1.500.000 di euro di debiti accumulati dai precedenti gestori. Abbiamo anche transato, inoltre, altre cause di lavoratori con soddisfazione dei medesimi e andate, dunque, a buon fine. Sempre in sede di dibattimento fallimentare, oltre ai 65.000 euro già pignorati, abbiamo offerto di pagare i 35.000 euro restanti, una parte in contanti subito e una parte a rate. Ma loro non hanno accettato, forse forti dei 120.000 euro già ricevuti sempre da noi”.
Il racconto di Rossi arriva così a marzo, mese della dichiarazione di fallimento: “Il 4 marzo 2020, dopo un’agonia di 8 mesi, siamo arrivati alla fatidica sentenza di fallimento che ha chiuso le speranze della direzione e di tutto il personale del locale. Sono 35 i lavoratori, tra fissi e stagionali, che voglio ringraziare pubblicamente, uno per uno, per essere stati delle persone oneste e di qualità, e che hanno sempre dimostrato rispetto e amicizia sincera gli uni con gli altri. Ma non ci arrendiamo e confidiamo che la giustizia italiana possa modificare il corso di questa incredibile storia dal finale molto amaro”.
Infine, Rossi spiega perché ha voluto divulgare la sua versione dei fatti: “Lo Zodiaco è un luogo magico e iconico di questa città e non può e non deve finire così. Faremo tutto il possibile per riaprirlo e portarlo, insieme a tutti voi, a splendere nuovamente e ancora più di prima”.