25 Agosto 2020 - 8:06 . Flaminio . Curiosità
La Storia del Flaminio: chi è Valentino, il nomade che scriveva poesie a via Flaminia
Viveva in una casa-baracca al numero 86 di via Flaminia, al Borghetto Flaminio. È qui che le persone venivano a trovare Valentino Zeichen, fino al giorno della sua scomparsa, il 5 luglio 2016. “Vivo da re, aspettando le ruspe”, titolò un’intervista comparsa sul mensile Amica nel 1994. Zeichen era un “nomade per eredità genetica, ma sedentario di fatto”.
Era arrivato a Roma come profugo dall’Istria, in compagnia del padre e della matrigna. Sua madre, di origine croata, era morta quando aveva solo sette anni. A diciotto anni cominciò a dedicarsi alla poesia e non smise più. La scelta di vivere “come un barbone”, aveva a che fare con il suo essere spartano. Non si legava agli oggetti, casomai al significato che rivestivano. Nella sua casa non c’erano nemmeno troppi libri, quelli di cui aveva bisogno se li procura. Gli amici gli regalavano vestiti e scarpe. Per lui la poesia era “un concentrato tra sentimenti e pensieri. Un dono”. La casupola in cui abitava era davvero essenziale: circa 12 metri quadrati in tutto, un asse bianca per tavolo, una sedia, la stufa a legno per scaldarsi, due brande. La porta veniva da qualche altro alloggio. Sulla parte interna c’era attaccata una mappa della città di Roma.
Dopo la morte di Zeichen, questo luogo, quasi mitico, è diventato il centro del progetto “La Casa del Poeta”. Un’iniziativa di salvaguardia di un simbolo, portata avanti dalla figlia di Zeichen, Marta, da Sacha Piersanti ed Emanuele Marchetti, in collaborazione con la vicina Facoltà di architettura della Sapienza.
Questa e altre storie sorprendenti sul quartiere sono contenute nel libro “La Storia del Flaminio“, a cura di Sara Fabrizi, edito da Typimedia (208 pagine, 14,90 euro).
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